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Tutto può accadere, l’importante è ricordare chi sei.

21 Set

E torno qui, per ricordare chi sono. Per capire se veramente quel tutto che è accaduto, abbia disintegrato per sempre una parte di me, obbligandomi a ricostruirmi, o se qualcosa della giraffa che ero, in fondo sia rimasta.

Disintegrata? Sì. Per sempre? Sì. Vivere il costante, inevitabile, penoso dissolvimento di una persona cara non può non disintegrare una parte di noi stessi. Per quanto ci si possa impegnare, la fatica e il dolore non possono lasciarci completamente indenni, a meno che decidiamo di trasformarci in macchine.

D’altra parte, come dice il saggio “Il dolore è la rottura dell’involucro che racchiude la vostra comprensione” (Gibran, Il Profeta) quindi, forse, la parte disintegrata è quella che mi impediva di capire. Sia chiaro, io questo dolore non lo volevo, così come non lo voleva nessun membro della famiglia, meno che mai mia madre, la vittima diretta di Mr Alzhy, ma è arrivato, come effetto collaterale della malattia. E mi ha obbligato a comprendere. Comprendere cosa? Un milione di cose, e forse anche qualcuna in più. Ma sopratutto mi ha obbligato e mi obbliga ogni giorno, a ricostruirmi pezzo per pezzo, come se fossi un giochino della Lego: provo un mattoncino quadrato e mi rendo conto che non combacia con gli altri, allora ne prendo uno rettangolare e va bene, poi un altro e sembra che sia compatibile con gli altri e così via, ogni – santo – giorno, con l’unico obiettivo di garantire a mia madre una vita il più possibile dignitosa e serena, e cercare di fare altrettanto con le nostre vite.

Ma tornando sul monte, mi rendo conto che, purtroppo, tra le parti disintegrate c’è anche quella più leggera, c’è la vecchia giraffina che si fermava a sorseggiare un infuso di rugiada all’ombra della grande Quercia, in compagnia delle cicale.

Ecco, ho capito che quella, vale la pena ricostruirla.

Un minuto tutto per me.

16 Apr

giraffa palmeHo un minuto tutto per me, e in questo periodo è decisamente un lusso.
Prendersi cura di un familiare con demenza di Alzheimer (Mr Alzhy, come lo chiamo io) richiede un impegno costante, continuo, pressoché ininterrotto durante l’intero arco della giornata. Sono richiesti pazienza e nervi saldi, strumenti che se non previsti in dotazione nel nostro personale “pacchetto nascita” bisogna procurarsi in qualche modo.
Io, paziente un po’ lo nacqui e un po’ no, i nervi li saldo strada facendo e, in mezzo al caos che Mr Alzhy crea, imparo, imparo tanto sugli altri e su me stessa.
Paradossalmente, cercando di soddisfare anche il più piccolo bisogno altrui, capisco e accetto di avere anch’io delle necessità, degne di essere accolte e appagate.
Ecco perché sono qui, di nuovo dopo tanto tempo, su questo monte virtuale e surreale, che mi manca tanto, perché qui ritrovo una parte di me, quella più leggera, e Dio sa quanto abbia bisogno di leggerezza.
E allora salgo lemme lemme verso la Radura Tranquilla, lungo il Sentiero delle Foglie croccanti, circondata dal giallo delle ginestre, che mi dà una grande energia, dal viola della lavanda, dal verde intenso del leccio, e dal chiasso dei pennuti che lavorano tra i rami.
Cammino, senza pensare a nulla, senza essere nulla se non una parte insignificante di questo piccolo, semplice mondo perfetto, un nulla che ha un minuto per sé e non vuole sprecarlo. Cammino, la temperatura è perfetta, qualche raggio di sole filtra dalle fronde degli alberi, mi scalda, e sopratutto si prende cura di me senza saperlo. Cammino, cammino e cammino ancora, ma non sento stanchezza, solo una strana e inspiegabile euforia.
Finalmente, giungo al cospetto della Grande Quercia, alta, possente, rassicurante, è circondata da timidi e vezzosi ciclamini. Mi accolgono con discrezione ma credo che, in fondo, anche loro siano felici di vedermi.
Beviamo insieme un bicchiere di rugiada fresca, non parliamo, non ne abbiamo bisogno. Una leggera brezza porta gli odori della macchia, l’aria sa di cisto, di asfodelo, di lavanda, di terra bagnata, di tempo sospeso.
Ci godiamo il nostro minuto, il nostro pensiero felice. Niente di più, niente di meno.

Vaffanculo.

31 Ott

L’aspetto affascinante delle batoste è che nessuno può prevedere la reazione di chi la riceve. Qualcuno si chiederà perché a me? e si darà una risposta, altri negheranno che sia mai successo, altri ancora resteranno ammutoliti per ore, altri penseranno che magari sarebbe dovuto capitare a chi scioglie i bambini nell’acido, altri piangeranno di rabbia, altri capiranno, altri rideranno, altri avranno crisi isteriche, altri si rassegneranno, altri invece faranno tutto questo, con l’aggiunta di una parola, una sola: vaffanculo. Vaffanculo alle cose superflue, alle persone superflue e a quelle moleste, ai pensieri inutili, alla buona educazione, all’ego, alle scuse, alle bassezze, alle illusioni. Ok, sono pronta. Vaffanculo.

Quando tutto succede.

25 Mar

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I bambini hanno una tempra più forte di quanto si pensi. Loro resistono, resistono a quasi tutto, alle assenze, alle distrazioni, all’infelicità altrui. Magari crescendo, e diventando reperti storici in carne e ossa, si porteranno dietro un po’ di malinconia, e continueranno a resistere. Forse.

 

Miglioramenti.

20 Feb

images (1)Siamo su questa benedetta terra per migliorarci, ormai ne sono convinta. Migliorarci per cosa? Adesso non esageriamo, migliorarci, punto e basta. La mia strada verso la saggezza è ancora in corso, è un costante work in progress, non è che posso avere le risposte per tutto. Di sicuro, migliorarci significa sentirsi bene, non lasciarsi sopraffare dagli eventi, dalle persone, dai desideri indotti e autoindotti, prendere la vita per quello che ci sembra il verso migliore, cose così, insomma, semplici e banali, saggezza popolare. Ogni evento della vita, ogni persona sulla nostra strada, ogni giornata storta, ogni giornata perfetta, è l’occasione per migliorare. Ora lo so. Perciò, adesso, per esempio, quando mi ritrovo ad avere a che fare con persone impossibili, di quelle che qualche anno fa avrebbero fatto vacillare il mio equilibrio mentale, so che quello che conta è unicamente il mio atteggiamento nei loro confronti, la mia capacità di gestire il rapporto, la mia capacità di trarre spunto per migliorare. Sì, ora lo so. Finalmente l’ho capito. Quando incontro persone così, non devo arrabbiarmi, non devo chiedermi dove sbaglio, non devo lamentarmi, non devo soccombere, non devo implodere.

Devo soltanto migliorare la mira.

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Un bel chiletto di affari miei.

28 Gen

keep-calm-and-futtitinni--49I colpi di saggezza, nella vita, arrivano all’improvviso, come illuminazioni. Come se, da un momento all’altro, nella stanza prima buia, si accendesse una bella luce calda che permette di vedere cosa c’è intorno, magari un divano se la stanza è il salotto, i fornelli del gas se è la cucina, o il bidet se invece è il bagno. Perlomeno, a me succede così, si accende la luce e zac! nel cervello tutto diventa chiaro. Un’illuminazione. Roba da farsi vedere da un guru o da uno psichiatra. Per il momento, roba da blog. Ho avuto delle illuminazioni epiche, che hanno ribaltato la mia esistenza e il mio modo di vedere le cose e credo che l’ultima, sebbene non sconvolgente, avrà delle profonde e inesorabili ripercussioni nella vita di tutti i giorni. L’Illuminazione mi ha detto “Gira’ , senti a me, fatte ‘n po’ d’affaracci tuoi!” e ho capito. Ho capito che la regola per vivere bene e far vivere bene pure gli altri è farsi due o tre chili di affaracci propri, mind your own business, senza problemi, senza se e senza ma, futtitinni, lassa perdi, fatticazzituoi. Nella vita pratica, la nuova filosofia dovrebbe, quindi, aiutarmi in situazioni molto frequenti, per esempio: sono in un negozio di abbigliamento, vedo un maglione, un pantalone, insomma quello che è, per terra. Il mio istinto naturale mi fa chinare, raccogliere quel benedetto capo per poggiarlo sulla gruccia o su un tavolo. Perdo pure tempo, però è più forte di me. E allora, ecco che entra in gioco la nuova filosofia, lassa perdi, quindi lo lascio lì buttato per terra, a prendere polvere e terra, a sgualcirsi.keep-calm-and-mind-your-own-business

Risparmio tempo e tutti vivono bene. Le commesse sono contente perché lavorano, il maglioncino è contento perché prova una nuova esperienza, io … io… io, vabbe’, ho bisogno di tempo prima di essere contenta al pensiero di non averlo preso da terra. Altro esempio? Ok, altro esempio. Notte, sono a casa mia, spaparanzata sul divano a guardare qualche idiozia in televisione, sento un urlo provenire dalla strada. La mia natura mi fa alzare immediatamente ed uscire fuori di casa per capire cosa sia successo. Ecco, già in questa fase l’illuminazione dovrebbe dirmi futtitinni, mind your own business, fatticazzituoi, lassa perdi. Mettiamo che in questa fase non ascolti la nuova filosofia, allora nella seconda parte della storia, potrebbe capitare che quell’urlo provenga da una bambina che si è fatta male con la bicicletta, bambina con famiglia a seguito, stranieri che non parlano un accidenti di italiano e un po’ di inglese. Accorrono altre persone, sarebbe il caso di andare dalla guardia medica, ma le altre persone hanno già avuto l’illuminazione futtitinni perciò si dileguano. A quel punto, l’omino del fatticazzituoi interviene per farmi dileguare, ma non sono sicura che riesca a farlo. Altro esempio ancora? Ok, altro esempio. Una persona a me molto cara, sta male, ma proprio male, però non si rende conto di quanto stia male, o forse, semplicemente, non ha la forza per affrontare il malessere, “hai bisogno di un aiuto“, “ma perché, secondo te sto così male?“. Ecco, il mio istinto naturale mi fa diventare una iena rompiballe di livello A (su una scala di tre livelli: C-rompiballe di livello basso, B-rompiballe di livello intermedio, A-rompiballe da competizione olimpica). La iena rompiballe di livello A, per intenderci, smonta l’intero sistema sanitario nazionale per trovare un professionista che possa fornire quell’aiuto. E lì, interviene, o dovrebbe intervenire l’illuminazione, facendomi diventare, se proprio non è possibile uscire completamente dalla classifica dei rompiballe, almeno un livello B intermedio.

keep-calm-and-fatti-i-cazzi-tuoi-79Lascio che la persona si assuma la responsabilità della propria salute, della propria vita e scelga se farsi aiutare oppure no, non interferendo nella libertà altrui, perché è giusto così, perché non posso imporre la mia volontà, perché io, fondamentalmente, ormai sono seguace della filosofia fatticazzituoi, perciò lascio che la persona vada per la sua strada, anche se la rende infelice, perché nemmeno io d’altra parte tollero interferenze.  Ce la farò? Non so. Per ora, qualcuno abbassi la luce, per piacere.

 

 

L’infanzia nel congelatore.

21 Giu

20140524_141017Quando i nonni se ne vanno, portano via con sè un pezzo della nostra infanzia. Anche se, una volta diventati adulti, li abbiamo frequentati, ascoltati, abbracciati, coccolati, loro sono la nostra infanzia. Sono, e saranno sempre, in quella casa con le piastrelle colorate, in quella poltrona accanto al camino, dove a noi veniva riservato il posto più vicino al fuoco, perchè eravamo bimbi freddolosi, in quelle domande amorevolmente assillanti “vuoi qualcosa da mangiare?” “dai, mangia” “ti preparo qualcosa”, in quel corridoio dove ti accoglievano a braccia aperte. Sono lì, nel congelatore della vita, dove tutto esiste ancora, anche se non lo vediamo più. Ciao nonna.

Tag di Pasqua.

30 Mar

Snoopy+Gag.pngImpegno – studio – consapevolezza – Paolo Fox, voglio un indennizzo – qui ed ora – forza – determinazione – vita – lavoro – tenacia – sacrifici – essenza – promemoria – risorgere non è uno scherzo – ma bisogna farlo – domani. Buona Pasqua.

Intervista con la giraffa.

21 Giu

Intervista pubblicata sull’edizione odierna de “L’Eco del Monte”, il quotidiano più letto dai montesi, gli abitanti del Monte.

L’Eco del Monte – 21 giugno 2012
Esclusiva intervista a Giraffa Dal Monte!
Giraffa, rintanata in una località segreta, anzi segretissima, alle pendici del Monte, ci svela i motivi del suo silenzio.

A cura di Camelo Pardalis

D.: buongiorno Giraffa, come sta?

G.: sto bene, grazie, starò meglio quando continuerai a darmi del “tu”, dal momento che ci conosciamo da una vita.

D.: ho capito, sei nervosetta.

G. no, non sono nervosetta, però se lo dici un’altra volta, può darsi che mi parta il collo, sulla tua testa.

D. sei sempre deliziosa. Allora, Giraffa, tutto il mondo si interroga sul tuo silenzio, cosa è accaduto?

G. mah, non è successo nulla, ho semplicemente difficoltà a finire i venti post che ho già iniziato, con tutte le cose che volevo raccontare ai miei amici del monte.

D. e perchè mai?

G. e che ne so. Inizio a scrivere, sono piena di entusiasmo, voglio condividere le cose che stanno accadendo, e ne stanno succedendo parecchie, terremoti, terreMonti, caldo, progetti, dubbi che iniziano ad andare via, IMU, consiglieri regionali che usano i risultati del referendum come carta igienica, il terremoto a 150km dalla Sardegna che, secondo gli esperti, è l’unica regione non a rischio sismico di tutta l’Italia, pensa le altre! Insomma, io scrivo, inizio a scrivere, poi mi accorgo che mi sto inca..ando molto, che non riesco a vedere il lato ironico e smetto, e m’inca..o ancora di più, e mi blocco. Capito?

D. sì, capito. Più o meno. Senti, e quando pensi di farti passare questo blocco?

G. boh, spero presto.

D. forse ti serve una vacanza da te stessa, come scrive la tua amica, quella che di mestiere fa la regina?

G. forse mi serve una vacanza vera, basta vedere questa faccia da esaurita per capirlo.

In love (ogni tanto m’innamoro).

16 Apr
dialogo tra panchina e lampione

dialogo tra panchina e lampione

Ogni tanto, mi capita. Non spesso, ogni tanto, solo ogni tanto, capita che mi innamori di un posto, di un luogo, ed è la stessa sensazione che si prova quando ci si innamora di un essere umano, si amano anche i difetti, si ama nonostante le difficoltà. Ecco, io, di questo posto, mi sono innamorata e non m’importa delle difficoltà. La strada per raggiungerlo è lunga e non è delle migliori, soprattutto percorsa nelle ore piccole del mattino, illuminata solo dalle stelle e dalla luna, quando il cielo non è coperto dalle nuvole, dai fari delle auto e dei mezzi pesanti , dalle fredde luci degli stabilimenti industriali, che lasciano anche intravedere le sagome delle enormi pale eoliche che danno energia pulita ma sono veramente brutte da vedere.  Nel tragitto, la pioggia mi accompagna quasi sempre, è dall’autunno scorso che scende giù almeno un giorno alla settimana, ogni settimana, per coincidenza proprio il giorno in cui faccio il mio giro del Sulcis, una delle zone più antiche dell’Isola più antica d’Italia, allo stesso tempo bella e malinconica e, per fortuna, mi accompagnano anche le voci familiari della radio, dei ragazzi di Caterpillar a.m., pimpanti nonostante la levataccia. Qualche volta, la pioggia lascia il posto alla nebbia, che avvolge le vecchie montagne di fanghi rossi della zona mineraria di Monteponi e la rende ancora più inquietante ma affascinante, essendo le vere testimoni della fatica e del sudore lasciati lì dagli uomini che un tempo ci lavoravano, però, quando inizio a scorgere quel profilo rossastro, mi preparo, so che manca poco ai piccoli tornanti che mi porteranno in un’altra zona industriale, ormai tristemente nota per le promesse, per i licenziamenti,  per il devastante inquinamento ambientale e, come si è scoperto negli ultimi mesi, politico. Ma tutto questo non m’interessa, mi dirigo verso il porto e vedo arrivare il traghetto che mi accompagnerà verso l’altra isola, quella che mi ha osservato con curiosità e diffidenza, e mi ha conquistata, mostrandosi in tutta la sua bellezza, nelle giornate cupe e grigie e in quelle piene di luce, sempre viva, vitale, un po’ malinconica e indipendente. E ora sono qui, in mezzo alle raffiche del libeccio che impediscono la navigazione, rischio di rimanere sull’isola per la notte, non ho nemmeno un cambio, non so quando  i traghetti ripartiranno, non ho un posto dove dormire, eppure, non riesco a smettere di sorridere.