Tag Archives: estate

Impressioni di settembre.

1 Set

IMG_20150901_080558No, cosa sono adesso non lo so,
sono un uomo, un uomo in cerca di se stesso.
No, cosa sono adesso non lo so,
sono solo, solo il suono del mio passo.
e intanto il sole tra la nebbia filtra già
il giorno come sempre sarà.

Impressioni di settembre (PFM)

Abuso d’estate.

10 Lug

Gattino-EstateNata in piena estate, mi considero naturalmente una creatura estiva. Adoro il caldo torrido, il sole, il mare, la luce abbagliante, le giornate lunghe, l’aria che sa di gelsomino, i fichi, le angurie, le albicocche, i gelati, alzarmi presto per rincorrere l’alba, fare tardi la sera anche solo per guardare le stelle. “Adoro” significa che non conosco, non voglio, mezze misure, perciò pretendo di poter fare ogni cosa al massimo, perché d’estate tutto sembra possibile, anche chiedere al proprio fisico di consumare le energie che in realtà, dopo un lungo e tosto inverno, dovrebbe recuperare, e non disperdere. Diciamo che, fondamentalmente, mi rincoglionisco un pochino, perciò mi capita di commettere il reato di “abuso d’estate”, ossia mi convinco che, essendo io una sua devota creaturina, l’estate mi permetta qualsiasi cosa, e allora esagero, mi scialo, faccio tutto quello che so mi farà male, forse anche  incoraggiata dal fatto di vivere in un’isola che regala estate a piene mani. Ovviamente, il reato prevede anche una sanzione, perché anche il rincoglionimento, con rispetto parlando, si paga. In attesa della saggezza. E di un’amaca.MCT1033-42648793f_1024x768

 

Fichi, fichi, e ancora fichi.

29 Giu

IMG_20150628_202727Premessa: sono una divoratrice grande estimatrice dei fichi, freschi, quelli appena colti dall’albero, di tutte le qualità, di tutti i colori, di tutte le forme, bianchi, neri, lunghi, tondi, insomma purché siano fichi e maturi. Gli abitanti del posto in cui sono nata sono chiamati in lingua sarda “pappa figu” ossia “mangia fichi”, e questo spiega tutto 😀 è una questione di dna.

Chiaramente, la materia prima qui non manca, perciò ho la possibilità oltre che di fare la “cura dei fichi” (non sapevate che sono anche curativi?) di sperimentare nuove ricette, e la cosa mi diverte molto, perché mi piace cucinare e mi piace sperimentare. In questi giorni, quindi, ho provato una nuova ricetta: fichi su cestini di grana, con qualche goccia di aceto balsamico. Si tratta di una ricetta facilissima da preparare, che però dà grande soddisfazione al palato, all’umore, al fisico. I fichi hanno infatti tantissime proprietà terapeutiche  (disinfettanti, antiinfiammatorie, diuretiche, rimineralizzanti, etc. etc. etc.) perciò ci sono delle ottime scuse per mangiarli.

depositphotos_25956623-coloring-cartoon-giraffe-chef-with-steak-dinnerVeniamo alla ricetta: le quantità variano a seconda dell’appetito, del numero dei commensali, e dalla grandezza dei fichi, comunque, per una cena leggera o un antipasto fresco e sfizioso, per una persona tre/quattro fichi dovrebbero andar bene. Per i cestini di grana: occorrono circa tre cucchiai di grana grattugiato (meglio la parte vicina alla crosta), che farete scaldare su una padellina antiaderente, in modo che si sciolga per benino. Una volta sciolto, dovrete dargli la forma di cestino, e per farlo sarà sufficiente ricoprire con il formaggio la parte esterna di una piccola ciotola, o coppetta, e lasciarla fino a quando sarà indurita e croccante (non preoccupatevi se non viene croccantissima, l’importante è che sia abbastanza compatta da contenere i fichi). Bene, una volta preparati i cestini, dovrete soltanto pulire i fichi, tagliarli in quattro spicchi, e adagiarli sul loro lettino croccante, aggiungendo qualche goccia di aceto balsamico.

Poi, dovrete accomodarvi a tavola, prendervi il vostro tempo, gustare con calma, e ricordare che, in fondo, la vita è fatta di piccoli momenti di felicità. Buon appetito!

Giraffa e il Bosco incantato delle Sette Cascate (XVI Puntata – La Cascata della Luce nel Solstizio d’estate)

21 Giu

imagesIl mattino seguente, al mio risveglio, alcuni viandanti dormivano profondamente, altri sonnecchiavano e altri ancora erano già pronti per il loro viaggio. Scambiai qualche parola con loro ma ero impaziente di riprendere il mio viaggio e mi diressi subito verso l’ingresso della Grotta, per vedere lo stato del temporale. In cuor mio, speravo fosse finito ma avrei ripreso il viaggio in qualsiasi condizione. Man mano che mi avvicinavo all’ingresso, la luce aumentava, allungai il collo per annusare l’aria e sentii il forte odore della terra bagnata,  sbucai fuori e vidi che le nuvole erano sparite, per lasciare il cielo limpido, con le stelle brillanti e tremolanti.

Poiché il sentiero era stato in parte cancellato dall’acqua, furono proprio le stelle del mattino ad indicarmi la strada per proseguire alla volta della Cascata della Luce, e così ripresi il mio cammino verso est.

Il cielo, nel frattempo, iniziava a schiarire, il Bosco si animava grazie al canto degli uccelli e il rumore dei torrenti, riempiti dalla pioggia della notte precedente, accompagnava il mio trotto. E poi, finalmente, la grande palla rossa e infuocata.

Con grande stupore, mi resi conto che ero giunta in una parte del Bosco non particolarmente umida, nella quale l’antico sentiero dei padri fondatori, era di nuovo visibile. Iniziai a percorrerlo al galoppo, stando ben attenta a ricordare tutti i segni e le tracce del percorso. Il sentiero, dopo aver attraversato la parte interna della montagna, riprendeva il costone, con una bellissima vista sulla vallata tra i due monti, dove nasceva il sole.

Nel mio galoppo, però, non vidi davanti a me, proprio nel bel mezzo del vecchio sentiero, la piccola roccia che spuntava con le sue punte aguzze e così, improvvisamente, inciampai, persi l’equilibrio e, in un attimo, senza nemmeno avere il tempo di capire cosa mi stesse capitando, mi ritrovai a scivolare lungo il costone della montagna, fino a cadere nel dirupo che portava alla valle.

«Per tutti i leoni della savana! Ma è possibile che una piccola roccia appuntita possa far saltare una giraffa grande e grossa come me?» esclamai, mentre cercavo di capire dove fossi finita. Mi sentivo ammaccata, dolorante, frastornata e mi resi conto di avere una profonda ferita alla zampa anteriore destra.

«Sì, è possibile», mi voltai e vidi una volpe dal pelo rosso brillante, intenta a lucidarsi la coda. Continua a leggere

Quel tè che non gusterò mai più.

20 Mar

19_cocktail_p117--420x520Sono le sei di pomeriggio di un’estate caldissima, in una Hammamet affollata di turisti, giovani del posto che fanno le “vasche” sul lungomare, viaggiatori di tutte le nazionalità, negozi che espongono ninnoli, cianfrusaglie e qualche bel pezzo di artigianato locale, l’aria è dolce, sa di gelsomino, zenzero, cannella, e la luce del sole rende i colori della città ancora più vivi, quasi liquidi. Siamo negli anni novanta, tutto deve ancora succedere. La devastazione totale delle nostre menti “globalizzate”, la follia, e la paura, sono ancora in letargo, ma vengono nutrite silenziosamente da qualche oscuro demone, che riesce a provare piacere solo con l’infelicità del mondo. Ma oggi, in questo viale affollato, siamo ancora ingenui, fiduciosi e curiosi di scoprire nuove culture, di conoscere nuove persone, di assaggiare cibi diversi dagli adorati spaghetti. Siamo illusi, senza esserne consapevoli. In questo caldo pomeriggio, pieno di sole, abbiamo soltanto voglia di annusare l’aria e camminiamo senza una meta particolare, ascoltando il suono di mille lingue che si sovrappongono, italiano, francese, arabo, tedesco, russo, affascinati dall’armonia che nasce da tutta quella mescolanza di vocali e consonanti. Osserviamo le persone che ci stanno intorno, le persone del luogo, gli stranieri, niente fa pensare che quell’oscuro demone stia lavorando in silenzio. Guardiamo le vetrine dei negozi e la nostra attenzione si sofferma su una bella esposizione di tappeti, kilim, macramè, berberi, ne abbiamo visti tanti durante questi giorni, sopratutto nella affascinante Kairouan, ma non ci stanchiamo di ammirarli. Mentre siamo davanti alla vetrina, e indichiamo questo o quel tappeto, un uomo sui quarant’anni, probabilmente il proprietario, esce dalla porta d’ingresso e, con un italiano quasi perfetto, ci invita ad entrare, in modo da vedere l’intera esposizione. Entriamo, senza pensarci troppo, e ci rendiamo conto che il negozio è praticamente vuoto, a parte noi tre, due donne, o meglio una ragazzina e una donna, e un uomo sconosciuto, in terra straniera. L’uomo, un commerciante decisamente sveglio ed esperienza in tecniche di vendita acquisita sul campo, ci mostra altri, splendidi, tappeti e dopo qualche minuto ci invita a seguirlo in un’altra sala “vi offro un bicchiere di tè alla menta, vi piace?”, noi non lo abbiamo mai assaggiato, e lo seguiamo, anche in questo caso senza pensarci troppo. “Accomodatevi” e indica due poltroncine, posizionate, insieme a due sedie, intorno ad un piccolo tavolino in legno, tondo e basso, sono decisamente comode. L’uomo continua a chiacchierare mentre prepara il tè, lo versa in piccoli bicchieri decorati, simili a quelli che un tempo si usavano dalle nostre parti per offrire il rosolio durante le mitiche feste di fidanzamento “in casa”, e li poggia su un vassoio d’argento decorato. Lui prende posto su una delle sedie, accanto alle nostre poltroncine, e continua a conversare amabilmente e così, io e mia madre, per la prima volta nella nostra vita, assaggiamo il tè alla menta, caldo e dal profumo intenso. Ha un gusto delicato, è dolce (ma quando ha messo lo zucchero? Era zucchero? Rimarremo per sempre con il dubbio) ed è ottimo. Ancora qualche chiacchiera e poi decidiamo di andare, l’uomo ci saluta con un sorriso allegro, ci accompagna verso l’uscita e, gentilmente, ci augura buon viaggio “divertitevi al Bardo e non dimenticate di visitare Sidi Bou Said!”. Lui non ha venduto neanche un tappeto e noi abbiamo gustato il migliore tè alla menta della nostra vita. Non sarà più così, non avrà più quel gusto, mai più.  Nel frattempo, infatti, il demone ha iniziato a godere e gli uomini lo hanno assecondato.

Idioti, avete, abbiamo, rovinato tutto.

Prima che canti il gallo.

14 Ago

Un piccolo promemoria sulle cose da fare, ogni mattina, prima che canti il gallo canti:

– Bere due bicchieri d’acqua;

– ringraziare;

fare cinquanta addominali per eliminare la pancetta da gelati;

corsa o camminata veloce per un’oretta;

– salutare il sole che sorge;

– ringraziare;

– colazione rigenerante (qualche volta, andare al panificio a prendere i cornetti integrali al miele appena sfornati). In realtà, al momento della colazione, tutti i galli dei dintorni hanno già cantato almeno cinque volte ma la maggior parte degli umani sonnecchia, non chiedo di più.

 

Sol levante

Sol levante

Amori estivi.

8 Set

Come una cozza con il suo scoglio, questa conchiglietta si è invaghita della mia zampa. L’amore è cieco.


La vacanza a Km zero.

1 Set

La vacanza a chilometri zero è bella: zero aerei per visitare il Grand Canyon, zero navi per circumnavigare l’Australia, zero yacht per fare un tuffo alle Bahamas, zero treni per arrivare a Mosca, zero autobus per il tour del Marocco, zero stress da “devo ricordare di mettere la crema idratante in valigia”, “mi raccomando, passiamo in farmacia per l’Enterogermina, non si sa mai”, “ma non è che la carta d ‘identità è scaduta?”, “il passaporto è scaduto di sicuro”, “ma una maglia pesante la prendo o no?”, “il beauty rosso, dove l’ho messo? Era lì, l’ho visto l’altro giorno, faceva la siesta nell’armadio, o era l’altra settimana? O era l’anno scorso? O è già partito e lo trovo spaparanzato in albergo?”. Ecco, zero di tutto ciò, a favore dell’ambiente, non sia mai che danneggi il delicato ecosistema del Pianeta partendo in vacanza. Comunque, per compensare tutti quegli zeri, la mia vacanza sostenibile ha previsto altri numeri, in rigoroso ordine sparso: 1.000 passi a piedi per arrivare al mare prima delle otto del mattino e vedere il sole che illumina l’acqua, con tanti riflessi dorati, e poche persone all’orizzonte, la maggior parte anziani (!!); 1.000 passi per tornare a casa, accaldata ma leggera nonostante tutto;  5 colazioni cappuccino&pasta, nella fattispecie conchiglia alla crema (si era capito che sono golosa?); 1 attacco di dissenteria, probabile conseguenza di uno dei summenzionati cappuccini; 2 paia di occhietti vispi che ti conquistano per la vita, anche se i loro proprietari sono solo dei duenni bavosi;  quotidiani, frequenti momenti di sguatteraggio e spignattamento domestico; svariate constatazioni del fatto che le amicizie sono come il vino, migliorano con l’invecchiamento;  1 constatazione del fatto che i rapporti personali migliorano se miglioro; innumerevoli gocce di felicità accompagnate da un fresco vino bianco in riva al mare;  1 ricerca sulle origini della mia famiglia, da proseguire; 1 ape salvata dall’annegamento.

Spero abbiate trascorso dei bei momenti, bentornati 🙂

Pacificazione marina.

30 Ago

13062006(005)La fine di agosto, per me, è il momento migliore per la pacificazione, di cui tanto si parla in questo periodo, tra opposte fazioni. La pacificazione è necessaria per poter iniziare il nuovo anno con maggiore forza, determinazione e convinzione ed il nuovo anno, giusto per chiarirci, inizia a settembre e non a gennaio, come vogliono le convenzioni. Non ho mai conosciuto nessuno che a gennaio abbia iniziato qualcosa con dei buoni nuovi propositi, a gennaio, in genere, ci si porta dietro ancora il freddo dei mesi precedenti, si mantiene lo status quo, perché fa comodo e perché non si ha nemmeno la forza di fantasticare, invece a settembre si arriva con il pieno di sole, di luce, di acqua fresca negli occhi e nello spirito e questo fa sembrare le cose possibili. Però, bisogna pacificare. Per quanto mi riguarda, avendo diverse pacificazioni da mettere in atto (avevate dubbi?!) stamattina, con il rumore delle onde, ne ho risolto alcune: prima di tutto, mi sono pacificata con i turisti. Esattamente. La maggior parte degli assaltatori scelti che occupavano la mia spiaggia è partita e, quindi, mi sono pacificata con loro. Be’, così è facile, direte voi, a pacificarsi con chi ha levato le tende ci riescono tutti, embe’, dico io, l’importante è pacificare, non bisogna sottilizzare. E poi, i pochi, turisti che arrivano adesso sono i miei preferiti, sono educati, rilassati, non chiassosi, alcune coppie sembrano addirittura felici (addirittura!) altre famigliole sembrano serene, e gli esorcismi sui bambini sembrano aver avuto effetto. Poi, ho continuato la pacificazione tra le mie due anime, quella audace, spudorata, schietta e un po’ stronzetta (scusate, ma è l’unico modo per definirla) e quella timida, compassionevole, emotiva, ultra sensibile (e ultra pallosa, ufff) ma, in questo caso, il lavoro è ancora in corso, anche se a buon punto. Poi, è arrivato il momento della pacificazione con il pranzo familiare che vede la partecipazione straordinaria di mia nonna, pure nel suo ruolo di madre e suocera. Dunque, io adoro mia nonna, l’ho sempre adorata, per le storie che mi raccontava, per le sue torte di mele, per l’ironia, per la sua forza ma, quando si tratta di pranzi familiari, bisogna pacificare, perché può capitare che discuta per almeno venti minuti con il genero (mio padre) sul prezzo del decoder, raggiungendo decibel da concerto rock, dal momento che lei è, ufficialmente, parzialmente sorda, mentre lui è, ufficialmente, parzialmente distratto ed entrambi non amano ascoltare voci diverse dalle proprie. Dal decoder al programma televisivo visto il giorno prima, il passo è breve, e lì è arrivata, in parte, la mia pacificazione, quando hanno iniziato a parlare, a urlare,  del “programma con Carlo Conti, dove c’era Sharon Stone l’hai visto? Ti è piaciuto? E c’era quella ragazza che presentava, bella eh? Ma chi era? Ma di dov’era? Giraffa, tu lo sai da dove viene quella ragazza?” e così, per pacificarmi, ho risposto “sì, nonna, la conosco, è una ragazza di Siniscola, l’hanno scelta per caso mentre passeggiava per il paese”, “ah, quindi è sarda?! Sembrava straniera, e invece, hai visto! Alta, bionda..” gli ho dato materiale di discussione per un’altra mezz’ora e sono andata a spalmarmi la crema. Se questa non è pacificazione.

Agosto è…

8 Ago

ACQUA MARINA…arrivare in spiaggia alle nove del mattino, piazzare il trono/sdraio ad almeno dieci metri di distanza dai pochi ombrelloni già presenti, godersi lo sciaffetesciaffete delle onde, il sole brillante ma ancora clemente, la leggera brezza che sfiora la pelle e poi entrare in acqua, fare la paperella, lasciarsi pizzicare dai branchi di piccoli saraghi grassottelli eppure affamati (simpatici i pesciolini ma quanto pizzicano..) uscirne rigenerata e trovare intorno al trono/sdraio: un accampamento di guerrieri del mare, con ombrelloni, borse frigo, canotto gigantesco, con sirena della polizia incorporata, ah, no, non era una sirena era una bimbetta che non ha smesso per un secondo di strillare, la stessa bimbetta che poco dopo si è serenamente liberata delle sue pesantezze corporali sulla battigia, sotto gli occhi della giovane ululante mamma che informava tutti i bagnanti “poverina, non riusciva a farla da due giorni”; una babysitter da Trattamento Sanitario Obbligatorio, che con i bambini parla come Sbirulino e con i cinesi che vendono gli aquiloni parla come una crudele indemoniata; un palestrato settantenne, che di professione fa proprio il personal trainer, con un tanga ravvivato dalla bandiera americana e con la stella più grande della bandiera proprio lì..beh, lì, si capisce dove..lì, lì.  Agosto è.. non desiderare di avere un lanciafiamme e scoprire di essere diventati zen senza saperlo.