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Dalla mia finestra.

4 Apr

20150101_111540Dalla mia finestra, scruto l’orizzonte, osservo ogni increspatura del mare, studio ogni sfumatura di colore, per avvistare il nemico. Ma mi appare soltanto la grazia del mattino. Forse anche durante le battaglie si può apprezzare la bellezza.

Ritorno alle origini.

25 Ott

 CAVALLINO GIARACi sono scrittori e registi che hanno fatto la loro fortuna proponendo fantasiosi viaggi nel tempo, in terre misteriose e lontane, con fantastiche creature dalle forme bizzarre e mi sono spesso chiesta se abbiano mai avuto la fortuna di vedere con i propri occhi e toccare con mano pezzi di preistoria. Eh, sì, perchè talvolta, per fare un viaggio nel tempo, è sufficiente prendere l’auto, il treno, l’aereo e arrivare in luoghi dove si raccontano storie lunghe milioni di anni e dove gli abitanti hanno lo stesso carattere fiero e indomito delle origini. In Sardegna non è difficile fare simili viaggi nel tempo e, recentemente, ho avuto la fortuna di calpestare una terra vecchia di almeno 20 milioni di anni, la Giara (Sa jara manna) se avessi avuto una buona telecamera e un produttore cinematografico generoso, avrei senza dubbio girato il film “Sardinian Jurassic Park”, anche perché gli attori che avevo sotto gli occhi erano, e sono, sicuramente più affascinanti di Cameron Diaz e più espressivi di Brad Pitt, sono i cavallini della Giara, piccoli cavalli dal carattere nevrile e indomito che ancora vivono allo stato brado, si nutrono di germogli e ghiande, si abbeverano alle sorgenti naturali e ai pauli (ristagni d’acqua temporanei, più o meno grandi) e sono piuttosto riservati. Non sono molto alti, perciò potrebbero sembrare meno affascinanti dei mitici stalloni ma il lungo ciuffo che cade sugli occhi a mandorla, lo sguardo fiero, la lunga coda e il carattere forte e irrequieto, per quanto mi riguarda, li rendono i protagonisti perfetti del mio film. Avevo già avuto un incontro ravvicinato ma questa volta, i miei attori mi hanno lasciata a bocca aperta, presentandosi almeno in dieci, manco fosse un provino di Spielberg!

Vacanza in panchina.

14 Ago

giraffa

Amo le panchine, sono una panchinara, le ho usate da ragazzina, le uso e quando, in un angolo apparentemente abbandonato della città, trovo una panchina, sono contenta perché mi sembra quasi un piccolo salotto, un invito ad accomodarsi, magari all’ombra di un bell’albero, e guadagnare un po’ di tempo per sé e per gli altri, senza ansie, senza paranoie, senza troppe preoccupazioni, come in una piccola vacanza. Sulla panchina si può leggere un libro, si possono guardare le navi che arrivano e ripartono, le stelle cadenti o ben appiccicate al cielo, le case lontane, in buona compagnia si può addirittura pranzare ammirando le auto che passano accanto, si può chiacchierare o, semplicemente, apprezzare il fatto di esserci, godere di essere lì in quel momento, essere felici, senza pensare a tutto quello che rimane momentaneamente lontano dalla panchina. Insomma, la vacanza può essere anche su una vecchia panchina, magari nera a onde, dove magari i ragazzini scrivono ancora cose come “pasticcino, ti amo più di una pasta” e fanno sorridere le vecchie giraffe.

Oggi stare in panchina è un’anomalia sociale più grave, se chi si siede si sottrae non solo alle regole non scritte dell’efficienza, ma allo sguardo degli altri. Se non si è anziani, donne incinte o con carrozzina, se si è maschi o femmine adulti, chi sta in panchina è poco raccomandabile. Nel migliore dei casi si è disoccupati, sfaccendati, vite di riserva. Eppure è l’ultimo simbolo di qualcosa che non si compra, di un modo gratuito di trascorrere il tempo e di mostrarsi in pubblico, di abitare la città. La panchina è il margine del mondo, vacanza di chi non va in vacanza, ma anche il posto ideale per osservare quello che accade: ovunque sia, è il centro dell’universo”.

( Beppe Sebaste, La Repubblica 12 agosto 2007)

Il pericolo è il mio mestiere.

26 Mag

Ora che l’emergenza è passata e la popolazione è sopravvissuta all’estinzione, lo posso confessare: nei giorni dell’allerta della protezione civile, ho infranto tutti i divieti, tutti gli ordini, tutte le prescrizioni per la “tutela della popolazione a rischio”, quelle che impongono alla popolazione di 1) rimanere tappata in casa, con le finestre murate per non far filtrare nemmeno un filo di sole, altrimenti la popolazione potrebbe rimanere seccata all’istante; 2) bere duecento litri d’acqua; 3) non usare i condizionatori, perché lo sbalzo di temperatura potrebbe essere fatale, alla popolazione. E così, con sprezzo del pericolo, ho guardato le finestre murate, ho fissato le bottiglie d’acqua, ho spento il condizionatore e, armata solo di crema solare, mi sono immersa nell’emergenza. Dopo aver superato torme di popolazione agonizzante, bambini che sguazzavano pericolosamente nell’acqua come paperelle, inconsapevoli, povere creaturine, dei rischi connessi all’emergenza “dell’eccezionale ondata di caldo”, felici di vedere il sole dopo un inverno del cavolo durante il quale ha piovuto tutti i santi giorni, dopo aver superato tutti i pericoli, ho trovato un posticino vicino a dei bambini stranamente non indemoniati e ho corso il rischio di essere baciata dal sole. Benedetta luce.

Arresoconto sulle fettine d’anguria mangiate.

28 Ago

Effettivamente, ne ho mangiate tante, dolci, succose, estive. Ecchecavolo, una manca dal blog per più di due settimane e tutto quello che riesce a scrivere è il resoconto delle fette d’anguria mangiate? Sì, ma solo gli appassionati sanno che, come esistono i vini da meditazione, esistono anche le angurie da meditazione e hanno più o meno le stesse caratteristiche: un po’ dolci, da gustare da sole (anche perché, mangiare una fetta d’anguria dentro una rosetta sembra difficile, annacqua tutta la mollica). Ecco, non avendo superato i 50 km nei miei spostamenti (tradotto = non sono partita in vacanza) mi sono dedicata alla meditazione, oltre che alla contemplazione del mare cristallino, della sabbia dorata, dei cormorani, dei pesciolini, alle risate miracolose con le amiche madraffe, al polpo con aceto balsamico e fettine di sedano gustato in ottima compagnia, alla distribuzione di portacicche sulle spiagge della capitale del Mediterraneo (nella foto si distingue facilmente una giraffa con la maglietta informe, decisamente troppo larga per i miei gusti, anche se la causa era buona, non si può giustificare una camicia da notte del genere..). Come sempre, divago. Dicevo, la meditazione accompagnata dall’anguria in realtà è stata ispirata da una delle mie “illuminazioni” (la mia vita è costellata di illuminazioni, prima o poi diventerò una specie di guru pure io, magari una guressa) aiutata da preziosi consigli e conseguente a dei giorni decisamente tossici. Tossici per vari motivi “esterni” e, come ho iniziato a comprendere, principalmente per motivi interni al mio cervello (anche nella mia testa ci sono più bestie che nella foresta, mica solo in quella di Jovanotti) che ha bisogno di una regolata, nel senso che ha bisogno di modificare l’andamento dei pensieri e ha bisogno di ripartire da un pensiero fondamentale, cioè “prenditi cura di te”, e metterlo in pratica veramente, ogni giorno, con volontà. Tutto questo, mentre tolgo i semi dell’anguria e sento alla radio la “rivelazione dell’estate 2008, Giusy Ferrè” che avrà pure una bella voce ma quando canta sembra un incrocio tra il grande (piccolo ma grande) Renato Rascel e Tony Dallara, e poi non ho ancora capito se “Giusy” è un nome o è il diminutivo di un nome, ma quale nome? Giusella? Gisalberta? Giseuafrori? Eh, so’ dubbi…

 

P.S. alla rivelazione dell’estate ho pure sbagliato il nome..Giusy Ferreri, macchè Ferrè o_O

Fauna marina.

4 Ago

Lunedì. Giornata decisamente più interessante, per gli incontri con la fauna marina agostana. L’orario d’arrivo è, più o meno, lo stesso di ieri ma la spiaggia è molto più deserta, neppure la coppia attempata, giusto un corpo in due pezzi, svenuto sull’asciugamano, ma lo supero, potrei pure calpestarlo che la padrona non se ne accorgerebbe, e giungo alla mia postazione, vicina alle rocce, con parecchie alghe in acqua ma a pochi metri dall’acqua limpida e cristallina. Si tratta di una posizione strategica, visto che la gente non vuole fare neppure due passi per fare il bagno dove non ci sono alghe e si accantona sul lembo di sabbia di fronte all’acqua con fondale “pulito” (senza alghe) lasciandomi un bel po’ di spazio intorno. Comunque. Di fronte a me, una prateria di alghe, un vero pascolo per chi sa cosa cerca..e, infatti, dopo qualche minuto, vedo una cosa nera che spunta dall’acqua, poi scompare e riappare, non è un’allucinazione, non è un boccaglio, non è un riflesso, non è il mostro di Lochness (ma potrebbe esserlo, in miniatura) eccheccosè??? Poi vedo un becco, è un cormorano che fa colazione! A mezzo metro da lui una signora che cammina in acqua mi guarda stupefatta e mi chiede da dove sia arrivato, in effetti, è stato così veloce ed è rimasto per così tanto tempo in apnea sott’acqua che non ci siamo accorte del suo arrivo. L’ho immortalato prima che facesse perdere le sue tracce. La fauna marina è, poi, aumentata senza ritegno: il single (?) o solitario (?) o solo (?) con l’ombrellone verde ha continuato la manovra di avvicinamento al mio ombrellino arcobaleno, manovra iniziata l’anno scorso (ognuno c’ha i suoi tempi); la famigliola con la bambina vispa e indaffarata che ripeteva continuamente “ma qua è proprio bello! L’acqua è limpida, si vedono i pesciolini!” e si tuffava anche lei come un pesciolino in acqua, per festeggiare, da quello che urlava, il compleanno della mamma; la famigliola con il muso lungo come il Gange; gli arzilli ottantenni abbronzantissimi; e poi, sono arrivati loro, due ragazzi, costumi identici, stesso slip ma di colore diverso, palestrati ma non troppo, la coppia più radiosa e felice che abbia visto ultimamente, sorridenti, belli e gentili tra loro, di quelle coppie che danno un po’ di speranza ai romantici e ai sognatori, la speranza che, ogni tanto, l’amore becca gli esseri umani e raddrizza un mondo squilibrato.

 

 

 

 

(quella cosa nera che spunta dall’acqua è il cormorano)

Il bosco di sabbia.

15 Mag

Se un giorno vi capitasse di voler passare un po’ di tempo in un bosco di sabbia, pieno di storia e di profumi…

 

La stradina che porta al bosco di sabbia è stretta e sterrata, una stradina “bianca” che, in origine, era una piccola ferrovia a scartamento sulla quale viaggiavano i vagoni che trasportavano il materiale estratto dalle miniere di Ingurtosu fino al mare, dove venivano imbarcate verso Carloforte e verso il Continente, ossia verso l’Italia. La vecchia ferrovia prosegue fra i boschi della valle del rio Naracauli, e costeggia il letto del fiume, dal quale defluivano le acque di lavorazione delle miniere. Si cammina per un po’ immersi nel verde, poi la vegetazione inizia a cambiare, diventa meno fitta, il colore del bosco diventa più chiaro più chiaro e, poco prima della fine della stradina, tra due montagne dorate si intravede il blu del mare, il mare di Piscinas, sul quale si affaccia il bosco di sabbia, ossia le dune più alte ed estese di tutta l’Europa, si spingono nell’entroterra per circa due chilometri e raggiungono un’altezza massima di cento metri. Lo spettacolo offerto dalla Natura, alla fine della stradina, lascia, a dir poco, ammutoliti: la lunghissima spiaggia di sabbia bianca porta al mare, quello della costa occidentale della Sardegna, più “grande” e minaccioso che io abbia mai visto, l’acqua è subito profonda, ci sono correnti piuttosto pericolose e lo spazio è così aperto da avere l’impressione che lui, il mare, voglia sommergerti da un momento all’altro. Invece, resta lì, va avanti e indietro con le sue onde, a volte gigantesche, ma resta lì, bellissimo, grande, impetuoso, libero. Il rifugio naturale dalle gigantesche onde è il bosco di sabbia, le dune altissime, che qualcuno chiama il deserto d’Italia, ricche di vegetazione, ginepri plurisecolari, lentisco, ginestra, euforbia e visitate dal cervo sardo ma anche dalla tartaruga marina Caretta Caretta che, tra giugno e luglio, depone le uova anche in questo tratto dell’Isola (si sa, d’estate non c’è niente da guardare in televisione, bisogna pur passare le lunghe notti stellate a far qualcosa…loro depongono!).

 

P.S. e se poi, aveste pure voglia di dormire a 150 metri dal mare, in tutte le stagioni, un signore assai intelligente ha trasformato un vecchio deposito delle miniere, poi diventato colonia per i bambini dei minatori, in albergo, ed è l’unica struttura vicina al bosco.