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Il mio voto generoso.

10 Gen

Sarà il freddo, sarà l’inverno, sarà il Natale appena passato, sarà sarà quel che sarà del nostro amore che sarà, però mi sento generosa, molto, e siccome mi sento anche molto ispirata, credo di avere le idee chiare riguardo alle prossime imminenti elezioni politiche. Ispirandomi a Kennedy, mi sono detta “Giraffa, non chiederti cosa può fare il politico per te, chiediti cosa TU puoi fare per il politico”, me lo sono chiesto e mi sono data la seguente risposta: non posso che votarlo. Anzi, non posso che votarli, tutti. Non sono una qualunquista, e non dirò né scriverò che “tanto sono tutti uguali” perché, in realtà, i nostri politici non lo sono, ognuno di loro ha quel nonsochè personalissimo, quella particolare attitudine nel prendere per i quarti posteriori la gente, nel descrivere la realtà a piacimento, nel giustificare la propria corsa alla poltrona nei modi più fantasiosi, che lo rende speciale, unico e caro al mio cuoricino di giraffa buona. Perciò, medito una bella crocettina per tutti. Siccome sono molto ispirata, ho preso in prestito anche Mogol – Battisti (da Kennedy a Mogol-Battisti, ci vuole proprio taaanta ispirazione) per creare il mio inno al senso civico e all’amore per il politico italiano:

Ho visto un uomo che piangeva per Veltroni,

ne ho visto un altro che più lacrime non ha,

nessun coltello mai ti può ferire di più

di uno statista che non ha elettoooor

Dieci statisti così, voglio votare

Dieci statisti così, li voglio miracolare,

Fini e Casini da rilucidare,

E Berlusconi da ritinteggiare,

Dieci statisti così, li voto subito sìììì.

Uno lo voto perché,

sa bene mentire,

uno lo voglio perché,

ancor non sa cosa vuol dir rubare,

uno soltanto perché,

ha fatto il posto ai figli e non a me,

dieci statisti così che dicon solo di sì.

Vorrei sapere chi ha detto

che sono tutti uguali ma noooo!

Matto, quello è proprio matto perché

forse non sa che chi ti mette l’IMU poi la toglie, e insieme alle mutande..

però quel magistrato candidato è proprio una delusione, eh eh eh.

Dieci statisti così, dieci statisti così, li voto subito sìììììì.

Qui l’originale:

Una dei nove milioni.

16 Nov

Ebbene, anch’io ho contribuito a sbancare l’auditel per “Vieni via con me”, il programma di Fazio e Saviano, programma che, tra l’altro, non avevo ancora visto. Mi è piaciuto, nonostante la faccetta da bimbo finto modesto di Fabio Fazio, e ammetto che il racconto di Saviano sulle origini di mafia, camorra e ‘ndrangheta, e di tutti gli strascichi odierni, compresa la creazione di un nuovo centro di potere a Milano, mi ha trattenuta davanti alla tv. Poi, poi, è arrivato quello che è stato preannunciato come il momento cruciale del programma: Bersani e Fini davanti al microfono a leggere i valori della destra e della sinistra, ha iniziato Bersani, leader del PD il quale, con il suo solito fare da uomo che non dice nulla anche se dice qualcosa, ha letto una frase che, più o meno, diceva così “dove ci sono i deboli, lì è la sinistra”, in un secondo, o forse due, ho provato a ricordare le epiche battaglie del PD a favore dei deboli, o almeno le prese di posizione sui diritti civili e a quel punto, all’improvviso, senza che me ne rendessi conto, è arrivato il momento clou della trasmissione: lo schermo è diventato tutto nero, la mia zampa, inconsapevolmente, aveva premuto off sul telecomando, ormai sa già cosa fare in casi del genere.

http://www.corriere.it/politica/10_novembre_16/fazio-saviano-bersani-fini-record-ascolti_643d6d60-f163-11df-8c4b-00144f02aabc.shtml

Dove osano le cravatte rosa.

22 Apr

Quando ho visto il video del duello, ormai già entrato nella leggenda, tra Gianfry e Silvio I (qui trovate le diverse sequenze) ho avuto la sensazione di assistere alla solita discussione tra marito e moglie, le solite beghe matrimoniali, abbastanza noiose e prevedibili, poiché si svolgono sempre con le stesse dinamiche, uno dei due coniugi finge di cadere dalle nuvole e l’altro si è un po’ rotto le scatole di fingere che tutto vada bene. Cose così, cose di tutti i giorni, cose che conosciamo e che, a volte, finiscono in una casa in comune, ognuno nel proprio angolo del divano, altre volte in tribunale, ognuno in una casa diversa. Però, in questo caso, mi pare si tratti di una cosa un po’ diversa, uno dei due ha realmente esagerato: Gianfry, in particolare, come ha potuto osare, con quella cravatta rosa (o salmone?) contestare Silvio I, come se fosse una cosa normale? Come ha potuto tenere testa alle uscite isteriche del coniuge? Come ha osato mostrare tanta virilità, rispetto al coniuge che ha fatto più lifting di Cher? Come si è permesso, addirittura, di essere più giovane e più alto? Non so, mi pare che, stavolta, abbia un po’ esagerato, ha pure dimenticato l’esistenza di un reato che punisce tutti quelli che ledono la sensibilità di Silvio I, è grave, perdincibacco. E a noi italiani, amanti delle telenovelas, non resta che rimanere incollati al televisore, per vedere come andrà a finire tra i nostri Luis Antonio e Mariana, se con vagonate di voti o vagonate di altro, per tutti noi. Viva l’Italia.

Il carciofo travestito da mammola.

23 Feb

Come si sarà capito, la lingua italiana mi affascina, mi rapisce, mi ammalia, talvolta, mi confonde. Mi fa sorridere l’uso fantasioso che ne fanno i writers e mi confonde quando la fantasia è il gioco di equilibrismo del politico che si presenta al popolo come la mammola indifesa in un campo di carciofi spinosi. Il gioco di equilibrismo, stavolta, l’ha inventato il nostro Presidente della Camera Fini: «Oggi il problema è il meccanismo di selezione della classe dirigente», e lo ha usato in un momento particolarmente delicato della storia del giovane partito da lui creato insieme a Silvio I, un momento che addirittura viene paragonato alla tangentopoli di qualche anno fa, quanto a corruzione e spudoratezza della famosa classe dirigente. A noi semplici dirigenti di noi stessi, a dire la verità, la cosa non meraviglia nemmeno un po’, sappiamo che il delirio di onnipotenza è la patologia più frequente in chi ricopre cariche pubbliche ma per lui, per la mammola Fini, no, non è una cosa prevedibile, per lui oggi il problema è il meccanismo di selezione della classe dirigente. Viene da chiedersi, dove sia stato la mammola Fini fino a ieri, quando veniva selezionata l’attuale classe dirigente, viene da chiedersi, e da chiedergli, come è possibile che una mammola sopravviva in un campo di carciofi?

(la viola mammola l’ho presa qui)

Nuovo sport olimpico/istituzionale.

22 Nov

Fini, Presidente della Camera dei Deputati, rivolto ad alcuni ragazzi immigrati: «Qualche volta vi pesa essere qui? C’é qualcuno che ve lo fa pesare? O qualche volta c’é qualche stronzo che dice qualche parola di troppo?».

Calderoli, Ministro per la Semplificazione, non può non cogliere l’occasione: «Fini ha perfettamente ragione a dire che è stronzo chi dice che lo straniero è diverso. Ma è altrettanto stronzo chi illude gli immigrati».

A questo punto, mi aspetto che da un giorno all’altro i nostri “uomini delle Istituzioni” organizzino le Olimpiadi di sputo in lungo.

Camera chiusa, per inerzia (e piccolo sondaggio).

8 Nov

La notizia è finita in fondo alla classifica delle top news, dopo l’influenza, i trans, la cronaca nera, l’hula hoop di Michelle Obama, eppure è piuttosto inquietante, addirittura più inquietante della nuova tinta per i capelli usata dall’imperatore. Dunque, il presidente Fini, la settimana scorsa, ha deciso di chiudere la Camera dei deputati per una settimana, per un motivo semplice ma assai preoccupante: alla Camera arrivano da esaminare solo provvedimenti provenienti dal Governo, e nessuna iniziativa parlamentare, dal momento che ogni iniziativa di quel genere viene bloccata nelle commissioni per mancanza di copertura finanziaria. In pratica, il governo non garantisce la copertura finanziaria per eventuali leggi proposte dai parlamentari e ai nostri deputati non resta altro da fare che approvare i decreti governativi o girarsi i pollici, come se il Parlamento fosse un notaio del Governo, come se qualcuno si fosse dimenticato che il potere legislativo in Italia spetta al Parlamento e non al Governo. Qualunque cosa ci sia dietro questa mossa del presidente Fini (senso pratico o scaramucce con Tremonti che ha il braccino corto e vuole imporsi su tutti gli altri colleghi di partito) si può serenamente, pacatamente, biologicamente dire che siamo alla frutta, non mi resta che proporvi un sondaggio:

Scene da un matrimonio.

10 Set

Che il loro non fosse un matrimonio d’amore, si era capito fin dallo scambio delle fedi e delle promesse nuziali, in un rito celebrato davanti a parenti e amici in lacrime (soprattutto dello sposo) e, ammettiamolo, già all’epoca del fidanzamento, si era intuito che tra i due nubendi mancava quella luce, quello scintillio negli occhi, tipico delle persone sinceramente innamorate. Però, tutti, parenti piangenti e curiosi morbosi, alla fine avevano concordato su un fatto: “i matrimoni d’interesse durano molto più a lungo delle unioni d’amore perché può accadere che l’amore passi ma la convenienza resta, perciò l’unione tra Silvio I (la sposa bizzosa) e Gianfranco (lo sposo serioso, oggi sono in vena di rime…) è destinata a durare nel tempo”, così ho sentito dire agli ospiti invitati al ricevimento, intervistati dai giornalisti. Su questo fatto concordavo anch’io. Naturalmente, come accade nelle giovani coppie che crescono insieme, gli sposini hanno iniziato a crescere, a fare nuove esperienze, spesso insieme, spesso d’accordo, spesso in comune convenienza, fino a quando lo sposo serioso ha iniziato a crescere per i fatti suoi, scoprendo (o riscoprendo, non so) il suo lato liberale, il buon senso e il rispetto per i diritti civili e, allo stesso tempo, facendo delle scelte personali piuttosto importanti, con discrezione e nel rispetto delle persone coinvolte (dimostrando, soprattutto, di interessarsi alle donne non solo per portarsele a letto, e diciamolo!). Il coniuge bizzoso, manco a dirlo, non è rimasto indietro nel percorso di crescita preferendo, però, occuparsi della sua manicure, della capigliatura e delle feste con gli amici, senza minimamente preoccuparsi di Gianfri e del resto del mondo (e non parliamo dell’utilizzo delle donne esclusivamente come copriletto nelle giornate di tiepida noia). A questo punto, considerate le ultime scaramucce, le mie convinzioni sulla loro unione iniziano a vacillare, anche se credo che la convenienza abbia sempre il suo bel peso, perciò mi siedo sotto un albero e guardo l’evoluzione della telenovela, più appassionante di Topazio. Eventualmente, i due potranno consolarsi con una di queste torte, a volte un po’ macabre ma dolcissime.

Grazie, Presidente Fini.

13 Giu

Grazie, Presidente Fini, per avermi rassicurato sul mio status di cittadina italiana perché, dopo aver visto ministri e capo di governo del nostro Paese, trasformarsi in comodi zerbini da tenda araba, in nome della riconciliazione con la Libia, temevo che, per ripagare i danni della passata colonizzazione, l’Italia si fosse offerta di diventare, a sua volta, colonia della Grande Jamahiriyya Araba di Libia Popolare e Socialista. Vedendo le mille donne che facevano la fila per farsi fotografare accanto ad un Capo di Stato, mai eletto dal suo popolo, che non conosce i diritti civili né delle donne né degli uomini, quasi mi ero convinta che il ruolo delle donne fosse quello di compiacere il Capo, il Padrone, il Supremo Signore dentro una tenda, come in un favoloso harem, e guardavo affascinata le odalische italiane, manager, ministre, politiche, “rappresentanti della società civile” giulive come un gruppo di ragazzine alla vista dei Tokyo Hotel. Grazie, perché pensavo che la foto appiccicata del ribelle sulla divisa del colonnello fosse una provocazione nei confronti del nostro Paese, non una mano tesa in segno d’amicizia; perché mi è sembrato bizzarro che l’Università La Sapienza accogliesse un dittatore a braccia aperte, dopo aver impedito ad un altro Capo di Stato, noto come Papa, di parlare; perché, in generale, considero le persone che arrivano in ritardo agli appuntamenti, oltre che maleducate, arroganti e perché penso che la riconciliazione passi anche attraverso il rispetto reciproco, non solo attraverso gli accordi economici. Grazie per averci restituito un po’ di dignità.