17 Risposte a “Vacanza in panchina.”
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La giraffa
Quattro zampe; un lungo collo per permettere agli occhi di vedere lontano; un cuore troppo distante dalla testa per poter dialogare con il cervello; uno zoccolo duro per non farmi trasportare troppo dai sogni e, allo stesso tempo, per non farli scappare via; un piccolo monte, per accogliere le persone che amo, i nuovi amici e chi passa di qui per caso: benvenuti!
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ora esco e scappo dal mio mini paesello in cerca di una panchina, prendo il mio ultimo libro iniziato e non ancora finito, e leggo… mi hai fatto venire una voglia..
Ricordo quell’articolo lo lessi anch’io. Scrissi una poesia su una foto di una panchina. Forse un giorno non molto lontano metterò in qualche mlo post anche le poesie meno sociali.
Un bacio
Daniele
Bellissime, un tempo.
Mi hai fatto ricordare quando in paese l’appuntamento fissso era “alla panchina” del Corso (che poi è una strada, a guardarla oggi), e la gente faceva fatica a capire, perchè di panchine ce n’erano tante e la domanda sorgeva spontenea, per chi non faceva parte del gruppo “Quale panchina?”.
Ma noi sapevamo bene quale.
Invece che “I ragazzi del muretto” per qualche mese abbiamo voluto essere “I ragazzi della panchina”, certo si fanno e di dicono di quelle cose in adolescenza…
E che dire dello sfizio di stare seduta sulla spalliera, oppure appoggiata alla spalliera della panchina, di schiena…
Oggi però non nascondo che mi fanno un po’ paura, mi sembrano luogo di emarginazione, come dice l’articolo. E’rimasto un punto d’incontro e un luogo di aggregazione, ma per chi? Ci vedo sempre più spesso immigrati, disoccupati, ubriachi e persone anziane. Anche noi,difatti, crescendo, abbiamo cambiato le nostre abitudini.
Io personalmente poi vivo molto il problema sicurezza. Non immagini che voglia ho di sedermi su una panchina in un parco a leggere un bel libro all’aria aperta. Purtroppo, da sola, ho paura. Preferisco evitare, francamente, ed il mio libro ed io ormai facciamo coppia fissa sul divano.
Odio questo genere di limitazioni, insieme al fatto di non sentirmi più al sicuro se sono in giro, di dovermi sempre guardare le spalle.
Sono un tantino più rilassata solo quando torno al mio paese, quelle strade mi sono così familiari che mi danno tranquillità.
E la prossima volta che torno passo a salutare la panchina, promesso, da parte mia e di tutti gli altri amici che ormai sono sparsi per il resto dell’Italia, perchè al Sud non c’è lavoro, ecc ecc…….
Ma questa è un’altra storia.
ma Sebaste dopo quell’aricolo ha fatto un libro godibilissimo tutto sulle panchine (Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne), uscito per Laterza l’anno scorso… Ve lo consiglio…
le panchine e le vacanze in panchina sono fra le cose più belle del mondo, anche se si mangiano tipiche mozzarelline tossico-nocive..se si guarda il cielo in buona compagnia diventano così belle da far impallidire il sole e le stelle :*
nemmeno a dirlo ,anch’io ho la mia panchina!!..:-)
e propriooggi pensavo che il primo post del mio nuovo blog potrei dedicarlo a lei..compagna di mille avventure..
ora che mi concedo un po di relax e accendo il pc trovo queste tue bellissime parole..e quasi mi commuovo..
allora siamo davvero sorelle separate dalle nascita??!!! 😉
Credo che la panchina sia presente nei ricordi di tutti, a ripensarci mi rivedo ragazzo seduto nella solita piazza con i soliti amici a raccontarci le solite cose, un modo poco dispendioso di ammazzare il tempo, luogo ideale per raccontarsi e per osservare il mondo che proprio lì attorno compiva il suo eterno girare, quante parole sagge, quante parole senza senso, quanta fantasia sprecata e svenduta, quante parole, quasi quante le sigarette gettate con un gesto repentino dopo l’ultima boccata avidamente respirata prima di arrivare al filtro, da quella panchina complice l’età vedevamo il mondo enorme, tutto era grande, proprio come nella mia memoria quella piazza piena di panchine.
Ciaooo neh!
Buongiorno a tutti e buon ferragosto! Chissà se qualcuno oggi si affaccerà qui sul monte..
* OrB@, be’, a che punto sei arrivato con il libro?!!
* Daniele, mi piacerebbe leggere la tua poesia, io ti seguo sul blog, eh! Quindi aspetto.. 😉 un abbraccio
* Fede, mi dispiace che tu viva in un posto così pericoloso da farti avere paura delle panchine.. è vero, oltre ai ragazzini, spesso ci trovi anziani, disoccupati, immigrati ma, personalmente, quando li vedo non mi fanno tristezza e nemmeno paura, anzi, sono contenta che abbiano un luogo di incontro, di aggregazione, invece di rimare in casa a fissare la tv escono e, magari, fanno una chiacchierata che li allontana dalla solitudine. Certo, sarebbe meglio se ci fossero altri luoghi di incontro, e se avessero un lavoro ma, in mancanza, anche una panchina può andar bene.. naturalmente, però, sono d’accordo con te, è meglio evitare di stare sole in luoghi isolati, ma anche senza la panchina 🙂
* Franco, credo proprio che quello sarà uno dei primi acquisti che farò, appena i negozi riapriranno dopo questa settimana di fuoco ferragostano!
* No Blogger, in quei casi le panchine posso diventare bellissime, quasi surreali ma bellissime :*
* Sabry, cara sorella allontanata da me quando eravamo in fasce, apri subito il blog!! 🙂
* Alanford, quanto sono vere le tua parole..tanta fantasia sprecata e svenduta, troppe parole, un mondo che sembrava enorme ma era tutto da conquistare, chissà se ci siamo riusciti.. 🙂
Cara Giraffa, eccomi qua ad affacciarmi sul monte abbenché ferragosto!
Subito un grazie a Franco per la segnalazione, correrò a comprare il libro appena una qualche libreria si deciderà a rialzare le saracinesche.
Ed ora torniamo a noi e alla nostra panchina, considerata per certi versi, e abbiamo visto ingiustamente, luogo d’aggregazione sociale per pensionati e sfaccendati.
Una volta gli anziani si sedevano al bar sotto casa, prendevano un caffé (o un tè, un cappuccino, un piccolo gelato), e lì passavano la giornata, fino a che…
Mia nonna aveva una marea di sorelle, che abitavano tutte nello stesso rione, e tutti i pomeriggi si vedevano al bar della piazza, dove restavano per l’intero pomeriggio: era un punto di riferimento, se noi volevamo incontrarle, sapevamo di trovarle lì, ci accomodavamo anche noi, insistevano per offrirci un cappuccino o un gelato…
Poi è venuta l’epoca del consumismo, i bar cambiarono tutti aspetto e, come dire, scopo sociale. Non si poteva più trattenersi un intero pomeriggio consumando un caffè, bisognava trangugiarlo in fretta e lasciare il posto ad altri avventori.
Fu così che le mie prozie si trasferirono tutte su una panchina, in un giardinetto nei pressi.
Ecco, a me le panchine solitamente danno allegria, per tutti i motivi che qui abbiamo detto, ma quella no: quella mi dava l’idea di ricovero per quelli che erano un peso per questa società usa e getta, in cui bisogna consumare, pagare, togliersi gentilmente dai piedi, oppure consumare ancora, pagare ancora, perché se non metti mano al portafogli difficile trovare un posto nel mondo in cui tu possa sostare.
Ecco, piano piano quella panchina si è svuotata, e ora vuoto è il bar, e vuote le panchine…
Comunque, a proposito di panchine “positive”, teatri d’amori, in risposta a un post scrissi una poesiola, che potete ritrovare da me alla pagina del mio blog”Pensieri d’amore“, pensiero n. 39, per l’appunto intitolato “La panchina”.
Buon ferragosto a tutti!
Ciao Diemme, bentornata abbenchè ferragosto! Adesso vado a leggermi la tua poesia sulle panchine positive.. 🙂
@giraffa: non mi danno tristezza tutte le panchine, solo quelle attorno alle quali girano persone poco raccomandabili. <gli anziani invece mi fanno molta tenerezza.
Non lo so se il posto dove vivo è effettivamente così pericoloso ma con quello che si sente in giro preferisco non sperimentarlo.
Buon Ferragosto.
@ Fede: perchè non trovi una bella panchina in ferro battuto in un parco, sotto un albero ombroso? Non posso pensare che siano tutte assediata da persone poco raccomandabili, in che posto vivresti, allora? Coraggio, le belle panchine esistono 🙂
@No Blogger: la cercherò!
Fede, vedrai, in buona compagnia troverai una comoda panchina anche dove abiti 🙂 visto l’orario, ferragosto ormai è passato..ma ti auguro un buon fine settimana!
Se si parla di panchine, non posso che pensare ai pomeriggi con la mia prima ragazza, al liceo.
La panchina del primo bacio, sul colle che sovrasta la mia città, e i tanti altri baci sulle altre panchine di quel giardino…
Ma soprattutto le tante ore passate a baciarci nella nostra prima estate, nel parco di Miramare, un mese fa ci sono tornato insieme a un mio amico, e ancora mi ricordavo i sentieri, gli angoli meno frequentati, lo stagno con i pesci rossi…
Baciarsi tanto che poi ti fa male la mascella 😀
..che bello il parco di Miramare! c’ero andato una volta in gita con la scuola ed avevo messo anche una ranocchia nella tasca del grembiule della mia compagnetta di banco: povera Gabriella, lanciò un urlo che recise tutti i fiori del giardino di Miramare nel raggio di 100 metri! Quella volta mi presi una bella sgridata dalla maestra, ma Grabriella, una bambina magrolina, buonissima, un po’ slavata, mi sopportava con grandissima pazienza. L’ho rivista diversi anni dopo, era diventata alta e pesava quasi 100 chili e ne rideva ancora da dietro il bancone del suo negozio! però non le ho messo più una ranocchia nella tasca del grambiule… 😀
* Ommammamia, Fra Puccino, hai fatto diventare quella panchina un luogo di perdizione!! 😀
* No Blogger, Gabriella non rideva, tentava di ingoiare il rospo! 😀
Comunque, prima o poi ci andrò a vedere il parco di Miramare! A guardare i rospetti dalla panchina 😉