Chissà come si dice “libertà” in lingua Nu Shu? Sicuramente, sarà scritta con forme curvilinee, tipiche del linguaggio segreto delle donne, vissute qualche secolo fa. Secondo gli studiosi, circa quattro secoli fa, quando la provincia cinese dello Hunan, abitata dalla minoranza Yao, venne conquistata dai cinesi, i quali imposero la loro cultura patriarcale, senza troppa delicatezza nei confronti delle donne. Ma le donne, si sa, nei millenni hanno affinato le loro tecniche di resistenza, a tutti i soprusi, a tutte le vessazioni, a tutte le dominazioni fisiche e, soprattutto, psicologiche e, anche le donne Yao hanno trovato un modo per essere libere: inventarsi una lingua tutta loro, tramandata di madre in figlia, un alfabeto composto da circa 7.000 caratteri sinuosi e curvilinei, a differenza degli ideogrammi cinesi che invece sono più squadrati, da usare per comunicare tra loro, per raccontarsi le difficoltà e darsi conforto per una vita matrimoniale che le condannava inesorabilmente alla sottomissione nei confronti dell’uomo scelto per loro come marito, e al silenzio. Le parole della resistenza, o delle libertà, delle donne Yao, sono rimaste segrete, e incomprensibili agli uomini, per secoli, sepolte sotto terra durante la Rivoluzione culturale di Mao, e si pensava che quel prezioso patrimonio si fosse definitivamente estinto con la morte, l’anno scorso, dell’ultima donna in grado di parlare il Nu Shu e, invece, così non è stato. Altre donne si sono impegnate, stavolta per resistere all’oblio e per rendere immortali quelle parole, hanno tradotto gli ideogrammi segreti e pubblicato il primo alfabeto Nu Shu, facendo diventare l’antica lingua della resistenza una moda tra le signore cinesi del ventunesimo secolo e addirittura fonte di reddito per i villaggi dello Hunan. Insomma, i moderni raccolgono il frutto delle fatiche, dell’intelligenza e della resistenza delle donne vissute secoli fa e questa storia mi piace per un motivo molto semplice: la libertà trova sempre un modo.
“La libertà trova sempre un modo”
La bellezza e la morale di questa storia. Mi piace questa tua frase finale.
Resistere sempre.
Siempre 😉
Che bella questa storia.
Pare quasi una fiaba.di quelle che sarebbero da raccontare alle bambine, al posto di Biancaneve e Cenerentola.
Grazie
la libertà trova sempre un modo….
storia oserei dire commovente. grazie, probabilmente mi sarebbe rimasta per sempre sconosciuta, se tu non l’avessi pubblicata.
Potremmo paragonare questo alfabeto al canto nero dei campi di cotone.
la libertà trova sempre un modo, ma i cinesi hanno occupato e tenuto lo Hunan…
* Silvana, una fiaba molto malinconica.. però, è vero, sarebbe bello raccontarla ai bambini e anche conoscere la loro opinione su una storia del genere.
* Akeley, lo trova.. benvenuto/a 🙂
* Ippaso, io l’ho conosciuta grazie all’articolo di Repubblica che ho linkato, mi ha colpito così tanto che ho voluto saperne di più su quella lingua misteriosa e sconosciuta, piena di significati e pensavo meritasse di essere raccontata, un po’ come i canti degli uomini soggiogati nei campi di cotone.
* No Blogger, i cinesi si sono tenuti lo Hunan e quelle donne si sono tenute i mariti fino alla fine dei loro giorni. Quegli uomini hanno posseduto i loro corpi e le loro vite, ma non le loro anime e loro hanno creato qualcosa di grandioso che è sfuggito al controllo, anche questa è una forma di libertà 🙂
“i moderni raccolgono il frutto delle fatiche, dell’intelligenza e della resistenza delle donne vissute secoli fa e questa storia mi piace per un motivo molto semplice: la libertà trova sempre un modo”
Una storia dolcissima ma che lascia un retrogusto amarissimo cha a me al contrario di quanto ho letto, lascia un senso di grande sconfitta per tutti, nessuno ha vinto, nessuno ha perso, in realtà nessuno ci ha guadagnato veramente qualche cosa, neanche la libertà.
Pur portando il massimo rispetto per la vostra visione ed il vostro pensiero, permettetemi di dissentire e di non essere d’accordo con la frase di chiusura, per me i moderni hanno semplicemente depredato un qualcosa di estremamente vero, vivo, un qualcosa costruito sopra le vite e le sofferenze di un numero spropositato di donne e ne hanno fatto un operazione commerciale moderna, deformandone e tradendo quella che era l’intenzione, lo spirito e l’uso per cui fu inventato ed usato, non solo, nel fare questa moderna transazione commerciale ne hanno svelato l’arcano che era la base che sorreggeva il linguaggio stesso, nato per essere solo delle donne, per servire solo alle donne, insomma io la vedo come una razzia a scopo commerciale di un qualche cosa che ha quasi del sacro, come al solito la modernità schiaccia qualsiasi valore intrinseco delle cose per renderle in qualche modo un prodotto fruibile e vendibile a tutti.
Molto significativo anche il tuo ultimo commento, che in parole povere recita che così le donne si sono tenute i mariti, i mariti ne hanno posseduto i loro corpi e le loro vite, in parole povere nessuno ha veramente vinto, tutti hanno guadagnato e perso qualcosa, mi sa che questa situazione sia ancora molto attuale anche oggi.
Ovviamente con il massimo rispetto degli altrui punti di vista….
Ciaooo neh!
Buongiorno Alan, non credo di aver scritto che si trattava di un lieto fine, la storia di quelle donne è una storia triste, di sottomissione, di sopportazione, di privazione della libertà, non c’è nulla di favoloso in questo, niente di dolce, ma in questa storia ci ho visto qualcosa che va oltre la sconfitta, come la definisci tu, ho visto delle anime che, nonostante tutto, si sono liberate, sono sfuggite al controllo totale degli uomini, e hanno creato qualcosa di straordinario (non è roba da poco creare una nuova lingua) e di libero, in quel senso la libertà trova sempre un modo, certamente non in senso pieno, dal momento che hanno continuato a rimanere spose di uomini che non amavano, il modo è la libertà mentale, la libertà di comunicare con le altre donne, la libertà di essere, nonostante tutto, sè stesse, tra mille difficoltà. Degli uomini che le hanno sottomesse, oggi non sappiamo granchè ma dell’intelligenza e dello spirito libero delle donne cinesi ci è arrivata la testimonianza e non credo sia una una profanazione svelare al mondo la loro opera straordinaria, è un inno alla grandezza delle donne, viste sempre come angeli del focolare incapaci di reagire e di creare qualcosa di diverso dal pasto caldo. Anche intorno ai graffiti rupestri, alle piramidi, al vangelo si è sviluppato un commercio indecente ma questo non significa che quelle storie non debbano essere raccontate, sono storia, vite vissute e tramandarle significa non aver sofferto inutilmente.
bellissima frase finale, concordo! 🙂
la libertà trova sempre un modo.. eh si.. e molto spesso sto modo lo trovano le donne.. forse chi soffre tanto per donare la vita, o comunque sente dentro di sè quanto la vita sia difficile da donare e quanto sacrificio costi portarla avanti.. forse chi fa questo sa anche meglio cos’è la libertà.. quanta fatica costi e quanto sia un bene fondamentale..
le donne sono sempre state educate a mettere da parte la propria libertà, per il bene di altri (padri, mariti, figli) e hanno imparato a ritagliarsi “pezzi” di libertà.. è proprio incredibile che il bene primario dell’essere umano costi così tanta fatica..
“la storia di quelle donne è una storia triste, di sottomissione, di sopportazione, di privazione della libertà, non c’è nulla di favoloso in questo, niente di dolce, ma in questa storia ci ho visto qualcosa che va oltre la sconfitta, come la definisci tu, ho visto delle anime che, nonostante tutto, si sono liberate, sono sfuggite al controllo totale degli uomini, e hanno creato qualcosa di straordinario (non è roba da poco creare una nuova lingua) e di libero”
Tirando le fila non trovi che il risultato è di per se dolcissimo? io si, se non è una visione dolce vedere delle anime finalmente liberate…
E’ sempre difficile farsi comprendere utilizzando solo le fredde parole scritte, almeno così è per me, che non sono molto avvezzo al loro uso, credo di poter affermare che tutto sommato abbiamo inteso le medesime cose, anche se con sfumature diverse….
Ciaooo neh!
Eh, sì, Alan, le parole talvolta non riescono a rendere al meglio i nostri pensieri, vale anche per me! Ma credo che ci siamo capiti 🙂 ciao neh!
bellissima storia, non la conoscevo. Concordo con silvanascricci ; dovremmo raccontarla ai bambini e bambine anziche` cenerentola, biancaneve, superman o l’uomo ragno.
o peggio ; la bella addormentata.
Proviamo a raccontarla, Uela, a tutti i bambini che conosciamo, e agli adulti che hanno voglia di ascoltarla 🙂
Questa storia mi ha emozionato molto.
Perchè c’è bisogno di conoscere storie di resistenza, soprattutto in certi momenti di sconforto e di scoramento. Ancor di più, perchè tutte le donne ancora oggi sottomesse e violate, all’aba del terzo millennio, hanno bisogno di conoscere l’eroismo delle loro antenate, in cui affondare le radici del loro coraggio e resistere a loro volta.
Perchè i soprusi e le sottomissioni nei confronti delle donne non hanno etnie, discendenze o culture differenti. Non importa da dove vengono. L’importante è sapere cdove stiamo andando: verso un fututo in cui non ci saranno più.
ciao mi sai dire l’autore del ritratto con la farfalla e la gabbia che hai inserito insieme alla storia? grazie in anticipo