Sara (arzilla nonna, diversamente giovane, più vicina ai novant’anni che ai settanta, chioma argentata): «questa settimana, non ho ancora avuto il tempo di farmi il colore, ho tutti i capelli in disordine».
Giraffa (arzilla nipote, diversamente rilassata, più vicina ai quaranta che ai venti, chioma nera): «ma no, sei in ordine, e il colore va bene!».
S.: «no, non va bene per niente, non è brillante, lo vedi?».
G.: «non mi sembra così male…».
S.: «e invece non va bene. E poi, sta per finire anche il colore».
G.: «e che colore usi?».
S.: «color topo».
G.: «color topo? Avrai letto male l’etichetta! Ma ti pare che si chiama color topo??».
S.: «e invece si chiama proprio così. Non ci credi? Vieni con me, ti faccio vedere la bottiglietta».
A questo punto, entriamo in bagno e nonna mi apre l’armadietto con l’occorrente per il “colore”: praticamente, una parrucchieria.
G.: «tutta questa roba?»
S.: «certo. Vedi che qui c’è scritto “color topo”?»
G.: «Vedo, vedo».
S.: «Vedi, questo è lo shampoo da usare dopo il colore per i capelli bianchi; questa qua è la crema che si mette dopo lo shampoo; poi c’è il fissatore per il colore; poi si asciugano e alla fine si mette questo qua, che li fa brillanti».
G.: «ah, ecco. E ci credo che non hai avuto tempo! D’altra parte, però, bisogna farli brillare i capelli».
S.: «e certo, altrimenti sembro più vecchia».
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