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La signora alla finestra è andata via.

10 Nov

Interno cucina, ora di cena, di un giorno qualunque di metà autunno. Piove da quasi dieci giorni, ininterrottamente. La pioggia serve, è una benedizione, sì ma così fa danni, eh ma vedrai il prossimo anno che annata. Piove, e basta. E, in fondo, a noi non interessa, non interessa più. Non interessa alla signora alla finestra, che non sente più freddo, non sente più caldo, non vede più la luce del sole ma nemmeno il buio della notte, perché dove sta adesso il clima è sicuramente mite e temperato, un’eterna primavera, come piaceva a lei. Non interessa a me, che quel clima mite ho imparato a crearlo nella mia testa, per non essere trasportata né dal vento né dalla pioggia. Non ci interessa più ma, in fondo, ci piace sentire quel ticchettio sulla finestra, ognuna nella propria dimensione, forse lontane l’una dall’altra, forse più vicine di quanto si possa pensare.

La signora alla finestra.

1 Ott

Interno cucina, ora di cena, in un giorno qualunque di fine estate.

Il sole è appena tramontato, ma a noi non interessa, a noi interessa solo che la cena sia pronta, e invece dobbiamo aspettare, e aspettare, e aspettare, almeno una decina di minuti, cioè un tempo infinito. Siamo sedute a tavola, la ragazza (mia madre) freme perché il ragazzo (mio padre) non le ha ancora portato il piatto con le adorate lenticchie, io le tengo compagnia nella estenuante e lunghissima (nel frattempo i dieci minuti sono diventati sette) attesa.

“C’è una signora, hai visto?”, “dov’è, Ceci?” “è lì, lì davanti” “vicino alla finestra?” “no, lì davanti”, “ah sì, è davanti a te, alla finestra! Sì la vedo” “mi guarda sempre” “e tu salutala, così è contenta” “sì.. ma..” “cosa c’è? Cosa sta facendo quella signora?”, “ma quella sono io..” “sì, Ceci, sei tu, è la tua immagine riflessa!” “eh ma io l’ho capito” “certo, sei stata bravissima!” “eh sì, sono io” “sì, sei tu, e adesso mangiamo le lenticchie, che ne pensi?”, “sì, finalmente”.

Emozionarsi per una mancata allucinazione. Queste, anche queste, possono essere le piccole gioie della vita. Questo significa ristrutturare il proprio cervello, la propria vita.

Il complotto per sterminare i vecchi.

24 Set

Dialogo 1: “Ma non l’hai ancora capito?”, “cosa?”, “è tutto un complotto!!”, “un complotto”, “sì! Per uccidere i vecchi!”, “tutti i vecchi del mondo?”, “sì! E poi, il virus non esiste, è come un’influenza”, “sì, ma uccide anche i giovani .. e poi chi avrebbe ordito il complotto? Perché l’avrebbe fatto?”, “per ripulire il mondo dai vecchi! Siamo troppi, non ce la possiamo fare! Come spieghi il fatto che abbiano messo dei malati covid nelle case di riposo?”, “lo spiego con l’errore, hanno sbagliato, hanno sottovalutato il problema, forse sono stati negligenti o superficiali, ma non credo proprio che l’abbiano fatto con l’intenzione di uccidere quelle persone”, “nooooo! Perché sei ingenua! L’hanno fatto per ucciderli tutti, per risparmiare sulle pensioni!” – COMPLOTTO=NO MASCHERINA

Dialogo 2: “sì, va be’, ma tu credi ancora alla storia del virus? Guarda che non esiste!!”, “ma i morti, gli ospedali, le terapie intensive tutte occupate..”, “ma sono balle!”, “…”. NO VIRUS=NO MASCHERINA

Dialogo 3: “ma hai notato che sono morti solo i vecchi malati?”, “in gran parte, ma sono morti anche giovani ..”, “ma tu ci credi? Vogliono uccidere l’economia! Lo Stato italiano vuole far chiudere tutti e farci morire di fame”. MORIRE DI FAME=NO MASCHERINA

Ragazzi, non voglio convincervi dell’esistenza del coronavirus e non è mia intenzione indagare sul complotto dei poteri forti a danno dei vecchi di tutto il mondo.

Soltanto, vorrei informarvi che, per esempio, a Cagliari, in Sardegna, ai confini dell’impero (quei confini di cui si parla nei tg nazionali solo quando ad ammalarsi è un signore padano attempato, che fa affari in un posto dove non paga le tasse, e disprezza ogni essere su questa terra che non gli sia utile) esiste un solo presidio ospedaliero completamente “covid”, e in quel presidio i posti nella terapia intensiva sono finiti. Quindi è stato necessario destinare ai malati covid una nuova struttura, sempre per la terapia intensiva, che sarebbe dovuta servire per salvare la vita di malati non covid. Gli altri ospedali dovrebbero quindi gestire tutti gli altri pazienti ma, di fatto, alcuni hanno sospeso l’attività ambulatoriale e si occupano solo delle emergenze, e l’intero sistema si basa sulla buona volontà di medici, infermieri, operatori sanitari in generale. 

Questo è.

Per colpa di un virus inesistente, significa che ai confini dell’impero, vecchi e giovani non si possono ammalare, né di covid né di altro.

Significa che, per un virus inesistente, se si finisce in ospedale, per qualsiasi emergenza, non si può avere alcun contatto con i propri familiari e, giusto per fare un esempio, se ad essere ricoverato è un malato non autosufficiente sarà ancora più difficile per medici e infermieri occuparsi di lui in maniera adeguata.

Significa che i costi per l’intero sistema, sanitario, economico, sociale, sono immensi, e se mai a qualcuno fosse venuto in mente di ordire un complotto per realizzare tutto questo, quel qualcuno dovrebbe essere un vero idiota.

Significa che, complotto o no, se non ci uniamo, ci troveremo come le star a bere del whiskey al Roxy bar sul balcone, sempre più soli, sempre più arrabbiati, sempre più infelici. 

Aiò!

Tutto può accadere, l’importante è ricordare chi sei.

21 Set

E torno qui, per ricordare chi sono. Per capire se veramente quel tutto che è accaduto, abbia disintegrato per sempre una parte di me, obbligandomi a ricostruirmi, o se qualcosa della giraffa che ero, in fondo sia rimasta.

Disintegrata? Sì. Per sempre? Sì. Vivere il costante, inevitabile, penoso dissolvimento di una persona cara non può non disintegrare una parte di noi stessi. Per quanto ci si possa impegnare, la fatica e il dolore non possono lasciarci completamente indenni, a meno che decidiamo di trasformarci in macchine.

D’altra parte, come dice il saggio “Il dolore è la rottura dell’involucro che racchiude la vostra comprensione” (Gibran, Il Profeta) quindi, forse, la parte disintegrata è quella che mi impediva di capire. Sia chiaro, io questo dolore non lo volevo, così come non lo voleva nessun membro della famiglia, meno che mai mia madre, la vittima diretta di Mr Alzhy, ma è arrivato, come effetto collaterale della malattia. E mi ha obbligato a comprendere. Comprendere cosa? Un milione di cose, e forse anche qualcuna in più. Ma sopratutto mi ha obbligato e mi obbliga ogni giorno, a ricostruirmi pezzo per pezzo, come se fossi un giochino della Lego: provo un mattoncino quadrato e mi rendo conto che non combacia con gli altri, allora ne prendo uno rettangolare e va bene, poi un altro e sembra che sia compatibile con gli altri e così via, ogni – santo – giorno, con l’unico obiettivo di garantire a mia madre una vita il più possibile dignitosa e serena, e cercare di fare altrettanto con le nostre vite.

Ma tornando sul monte, mi rendo conto che, purtroppo, tra le parti disintegrate c’è anche quella più leggera, c’è la vecchia giraffina che si fermava a sorseggiare un infuso di rugiada all’ombra della grande Quercia, in compagnia delle cicale.

Ecco, ho capito che quella, vale la pena ricostruirla.

Un minuto tutto per me.

16 Apr

giraffa palmeHo un minuto tutto per me, e in questo periodo è decisamente un lusso.
Prendersi cura di un familiare con demenza di Alzheimer (Mr Alzhy, come lo chiamo io) richiede un impegno costante, continuo, pressoché ininterrotto durante l’intero arco della giornata. Sono richiesti pazienza e nervi saldi, strumenti che se non previsti in dotazione nel nostro personale “pacchetto nascita” bisogna procurarsi in qualche modo.
Io, paziente un po’ lo nacqui e un po’ no, i nervi li saldo strada facendo e, in mezzo al caos che Mr Alzhy crea, imparo, imparo tanto sugli altri e su me stessa.
Paradossalmente, cercando di soddisfare anche il più piccolo bisogno altrui, capisco e accetto di avere anch’io delle necessità, degne di essere accolte e appagate.
Ecco perché sono qui, di nuovo dopo tanto tempo, su questo monte virtuale e surreale, che mi manca tanto, perché qui ritrovo una parte di me, quella più leggera, e Dio sa quanto abbia bisogno di leggerezza.
E allora salgo lemme lemme verso la Radura Tranquilla, lungo il Sentiero delle Foglie croccanti, circondata dal giallo delle ginestre, che mi dà una grande energia, dal viola della lavanda, dal verde intenso del leccio, e dal chiasso dei pennuti che lavorano tra i rami.
Cammino, senza pensare a nulla, senza essere nulla se non una parte insignificante di questo piccolo, semplice mondo perfetto, un nulla che ha un minuto per sé e non vuole sprecarlo. Cammino, la temperatura è perfetta, qualche raggio di sole filtra dalle fronde degli alberi, mi scalda, e sopratutto si prende cura di me senza saperlo. Cammino, cammino e cammino ancora, ma non sento stanchezza, solo una strana e inspiegabile euforia.
Finalmente, giungo al cospetto della Grande Quercia, alta, possente, rassicurante, è circondata da timidi e vezzosi ciclamini. Mi accolgono con discrezione ma credo che, in fondo, anche loro siano felici di vedermi.
Beviamo insieme un bicchiere di rugiada fresca, non parliamo, non ne abbiamo bisogno. Una leggera brezza porta gli odori della macchia, l’aria sa di cisto, di asfodelo, di lavanda, di terra bagnata, di tempo sospeso.
Ci godiamo il nostro minuto, il nostro pensiero felice. Niente di più, niente di meno.

La mia Maestra.

8 Nov

Tema del giorno:
Parla della tua maestra.

Svolgimento

La mia Maestra è molto bella, brava e gentile.
A volte, è anche un po’ stronza e lei lo sa, perché glielo dico, ma non si offende e quando mi vede in un angolo imbronciata ed offesa per qualche suo rimprovero severo, mi fissa negli occhi e mi dice «lo faccio per il tuo bene».
Quindi, la mia Maestra è la classica stronza paracula.
Però, in effetti è vero che quando è severa, o anche molto severa, io imparo di più, capisco le cose, come funzionano e come funziono io, capisco se sbaglio, perché sbaglio, e a volte capisco anche come devo correggere lo sbaglio.
Insomma, il Suo Metodo da stronza funziona.
La mia Maestra sa fare un sacco di cose: sa ballare il twist e il tango, sa cantare, sa far piangere, sa dipingere albe e tramonti, sa far ridere, a modo suo sa far di conto, sa far sognare, sa addirittura fare le magie.
La mia Maestra è misteriosa, a volte parla senza parole, e capita che non la capisca proprio, altre volte sta zitta e la capisco ancora meno, a volte urla e mi fa paura, a volte mi accarezza e mi stupisco, è fatta così, la prendo per quello che è.
La mia Maestra è un po’ pedante, e sa di esserlo ma non le importa nulla, non smette mai di insegnare le cose, è una sua fissa, se non insegna non sta bene.
Un mio compagno di scuola è riuscito a scoprire il suo nome, glielo ha detto suo cugino della quinta A, uno che sa tutto, pare si chiami Vita, Sig.ra Vita, ma ancora non siamo riusciti a scoprire il cognome. Non è che ce ne freghi molto di sapere anche il cognome, però magari può essere utile per il prossimo tema.

Shine

7 Dic

IMG_20151206_164514“Our deepest fear is not that we are inadequate. Our deepest fear is that we are powerful beyond measure. It is our light, not our darkness that most frightens us. We ask ourselves, ‘Who am I to be brilliant, gorgeous, talented, fabulous?’ Actually, who are you not to be? You are a child of God. Your playing small does not serve the world. There is nothing enlightened about shrinking so that other people won’t feel insecure around you. We are all meant to shine, as children do. We were born to make manifest the glory of God that is within us. It’s not just in some of us; it’s in everyone. And as we let our own light shine, we unconsciously give other people permission to do the same. As we are liberated from our own fear, our presence automatically liberates others.”

“La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati, ma di essere potenti oltre misura. E’ la nostra luce, non la nostra ombra a spaventarci di più. Ci chiediamo, chi sono io per essere brillante, bellissimo, pieno di talento e favoloso? In realtà, chi sei tu per non esserlo? Sei figlio di dio. Il tuo giocare in piccolo non serve al mondo. Non c’è niente di illuminato a sminuire se stessi in modo che altre persone non si sentano insicure vicino a te. Siamo tutti nati per brillare come fanno i bambini. Siamo nati per manifestare la gloria di Dio che è dentro di noi. Non solo in alcuni di noi, ma in tutti noi. E mentre lasciamo che la nostra luce risplenda, inconsciamente diamo agli altri la possibilità di fare altrettanto. E quando siamo liberati dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.”

Marianne Williamson? Nelson Mandela? Chiunque l’abbia detto, non m’importa, è un pensiero che condivido, pienamente. Siamo tutti nati per brillare.

Impressioni di settembre.

1 Set

IMG_20150901_080558No, cosa sono adesso non lo so,
sono un uomo, un uomo in cerca di se stesso.
No, cosa sono adesso non lo so,
sono solo, solo il suono del mio passo.
e intanto il sole tra la nebbia filtra già
il giorno come sempre sarà.

Impressioni di settembre (PFM)

Citazione

Life beneath my feet.

8 Ago

red shoes)Marble beneath my feet: an exterior floor of Cagliari City Hall.

?????

Summer beneath my feet: emerald waters and soft sand in the Mediterranean 😉

????

History beneath my feet: the ancient Roman city of Nora.

In response to The Daily Post’s weekly photo challenge: “Beneath Your Feet.”

Soldatino non farti ammazzar …

14 Lug

Se domani si va all’assalto
Soldatino non farti ammazzar…
Ta-pum, ta-pum, ta-pum…
Ta-pum, ta-pum, ta-pum…

 

I soldatini italiani ammazzati, durante la Prima Guerra Mondiale, sono stati circa 651.000, quel “circa” ovviamente non è un dettaglio da poco ma purtroppo la cifra esatta non si potrà mai conoscere. Inutile la retorica sulla guerra, giusta, ingiusta, utile, inutile, quei soldatini sono andati a combattere perché, in quel preciso momento della loro vita, la guerra era ciò che si doveva fare, senza che la Storia lasciasse loro alcuna scelta. Le parole, veramente, servono poco. L’unico modo per avere un’idea di quello che è stato, ed anche un po’ il modo per rendere onore alla memoria e al coraggio di quei soldatini, è vedere con i propri occhi i luoghi nei quali si è combattuta la Grande Guerra, percorrere con le proprie gambe i sentieri da loro percorsi cento anni fa (non sono poi così tanti) scendere nelle trincee strette e anguste dove trascorrevano ore, giorni, settimane, mesi interminabili, ascoltare in silenzio il fruscio degli alberi, il vento, gli animali. E non sarà sufficiente nemmeno quello, perché la guerra non si può immaginare.

Quota 85 - Monfalcone

Quota 85 – Monfalcone

La trincea Quota 85 Enrico Toti, chiamata così in onore dell’eroe della Prima Guerra Mondiale. Leggete la storia di Enrico Toti, è un esempio di grande forza e tenacia, anche al di fuori della guerra.

Quota 85 - Monfalcone

Quota 85 – Monfalcone

Se siete interessati, visitate il sito Itinerari della Grande Guerra, troverete tantissime informazioni, documenti, foto e video dell’epoca.

Non dimentichiamo. Non dimentichiamoli.