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125 esseri umani e un uomo piccolo.

28 Set

Questa immagine fissa per sempre uno dei momenti più avvilenti della storia della Sardegna.

La Sardegna ha una storica tradizione di accoglienza, tutti i paesi sono la testimonianza di un sentimento di fratellanza e solidarietà radicato nella mentalità dei sardi, e sono un esempio di perfetta integrazione tra popoli, tra persone di culture differenti, ma pur sempre persone.

Per questo, vedere quel piccolo uomo che si agita al porto di Olbia per impedire lo sbarco di 125 persone, “migranti” ma pur sempre persone, in difesa della Sardegna, fa male.

E fa ancora più male, sapere che qualche politico sardo, messa da parte la dignità e l’umanità, si sia sentito in dovere di recitare nella farsa studiata da un personaggio in cerca di visibilità, oltre che d’autore.

Noi non siamo così, noi siamo questi: Alan Kurdi a Olbia, città risponde: solidarietà inonda i migranti .

 

Effetto farfalla domestico.

26 Set

A woman who cuts her hair is about to change her life“, e se lo dice Coco Chanel, chi siamo noi per contraddirla?

Un giorno d’inverno dell’anno del Signore 2020, ho attraversato il sentiero che conduce alla bottega dell’acconciatrice di chiome e lì, dopo aver preso posto su una comoda roccia ricoperta di morbido muschio, ho detto alla mia acconciatrice “taglia”.

“Tagliamo due dita, come al solito?” (le acconciatrici non usano le nostre unità di misura, due centimetri sarebbe stato troppo banale) “no, taglia”, “tre dita?”, “no, taglia, taglia”, “ma sei sicura?”, “sicurissima” e, come tutte le acconciatrici e acconciatori con il dna di Edward mani di forbice, ha entusiasticamente tagliato.

Dopo circa un mese, hanno iniziato a sciogliersi i ghiacciai, è arrivata una pandemia, un lockdown durato circa due mesi, il mondo si è rivoltato, il polo nord si è trasferito al sud. Roba che, al confronto, le sette piaghe d’Egitto sembrano una soap-opera.

Da quel momento in poi, anche il mio piccolo mondo ha iniziato a rivoltarsi, come se fosse stato attraversato da uno tsunami, da nord a sud, da est a ovest, in modo totalmente imprevisto e con modalità sorprendenti e talvolta inquietanti.

Mi sarebbe bastato anche meno ma, in questi anni, ho imparato che l’unico modo per non soccombere completamente davanti ad uno tsunami, è quello di non opporre resistenza, provare a navigare tra i flutti, anche se non si è mai stati marinai.

Anche se si ha in dotazione solo una barchetta di carta.

Il complotto per sterminare i vecchi.

24 Set

Dialogo 1: “Ma non l’hai ancora capito?”, “cosa?”, “è tutto un complotto!!”, “un complotto”, “sì! Per uccidere i vecchi!”, “tutti i vecchi del mondo?”, “sì! E poi, il virus non esiste, è come un’influenza”, “sì, ma uccide anche i giovani .. e poi chi avrebbe ordito il complotto? Perché l’avrebbe fatto?”, “per ripulire il mondo dai vecchi! Siamo troppi, non ce la possiamo fare! Come spieghi il fatto che abbiano messo dei malati covid nelle case di riposo?”, “lo spiego con l’errore, hanno sbagliato, hanno sottovalutato il problema, forse sono stati negligenti o superficiali, ma non credo proprio che l’abbiano fatto con l’intenzione di uccidere quelle persone”, “nooooo! Perché sei ingenua! L’hanno fatto per ucciderli tutti, per risparmiare sulle pensioni!” – COMPLOTTO=NO MASCHERINA

Dialogo 2: “sì, va be’, ma tu credi ancora alla storia del virus? Guarda che non esiste!!”, “ma i morti, gli ospedali, le terapie intensive tutte occupate..”, “ma sono balle!”, “…”. NO VIRUS=NO MASCHERINA

Dialogo 3: “ma hai notato che sono morti solo i vecchi malati?”, “in gran parte, ma sono morti anche giovani ..”, “ma tu ci credi? Vogliono uccidere l’economia! Lo Stato italiano vuole far chiudere tutti e farci morire di fame”. MORIRE DI FAME=NO MASCHERINA

Ragazzi, non voglio convincervi dell’esistenza del coronavirus e non è mia intenzione indagare sul complotto dei poteri forti a danno dei vecchi di tutto il mondo.

Soltanto, vorrei informarvi che, per esempio, a Cagliari, in Sardegna, ai confini dell’impero (quei confini di cui si parla nei tg nazionali solo quando ad ammalarsi è un signore padano attempato, che fa affari in un posto dove non paga le tasse, e disprezza ogni essere su questa terra che non gli sia utile) esiste un solo presidio ospedaliero completamente “covid”, e in quel presidio i posti nella terapia intensiva sono finiti. Quindi è stato necessario destinare ai malati covid una nuova struttura, sempre per la terapia intensiva, che sarebbe dovuta servire per salvare la vita di malati non covid. Gli altri ospedali dovrebbero quindi gestire tutti gli altri pazienti ma, di fatto, alcuni hanno sospeso l’attività ambulatoriale e si occupano solo delle emergenze, e l’intero sistema si basa sulla buona volontà di medici, infermieri, operatori sanitari in generale. 

Questo è.

Per colpa di un virus inesistente, significa che ai confini dell’impero, vecchi e giovani non si possono ammalare, né di covid né di altro.

Significa che, per un virus inesistente, se si finisce in ospedale, per qualsiasi emergenza, non si può avere alcun contatto con i propri familiari e, giusto per fare un esempio, se ad essere ricoverato è un malato non autosufficiente sarà ancora più difficile per medici e infermieri occuparsi di lui in maniera adeguata.

Significa che i costi per l’intero sistema, sanitario, economico, sociale, sono immensi, e se mai a qualcuno fosse venuto in mente di ordire un complotto per realizzare tutto questo, quel qualcuno dovrebbe essere un vero idiota.

Significa che, complotto o no, se non ci uniamo, ci troveremo come le star a bere del whiskey al Roxy bar sul balcone, sempre più soli, sempre più arrabbiati, sempre più infelici. 

Aiò!

Baciamo le mani.

21 Ago

“Vittorio hai conquistato Roma, ora conquista il Paradiso”: il povero Vittorio dentro la bara, passato a miglior vita con il compito di conquistare l’Altro Mondo, era un mafioso, e il funerale del filmato si è svolto a Roma, non in uno sperduto paesino siciliano in mano ai clan mafiosi, proprio nella nostra capitale. Il video parla da solo, e fa male, ma a mio modestissimo parere, deve essere visto. Un po’ come quando si ha a che fare con una brutta ferita o con una brutta verità, bisogna guardarla in faccia, per capire e, se possibile, per guarire e migliorare. Sopratutto, per capire che se una cosa del genere è potuta accadere a Roma, e quindi se la mafia è arrivata ad espandersi oltre il proprio orticello, la responsabilità non è soltanto della politica, dei “politici” che siedono su qualche comoda poltrona, ma è di tutti noi che, a volte, preferiamo farci rubare la dignità, voltandoci dall’altra parte. Viva l’Italia.

Il business plan all’amatriciana.

17 Lug

_business-planChiunque voglia avviare qualsiasi tipo di attività, anche la più piccola, dalla vendita di peli incarniti alla manicure delle pulci d’acqua, sa che deve, DEVE, preparare un “business plan”. Lo dicono gli esperti, lo dicono gli imprenditori che ce l’hanno fatta, sopratutto lo dicono gli entrepreneurs di successo che hanno realizzato grandi progetti fuori dall’Italia (in rete trovate milioni di siti e blog di imprenditori-motivatori, primo fra tutti quel genio di Richard Branson). Devi studiare il mercato, devi capire cosa vuole la gente, devi capire cosa puoi offrire al mercato, quali sono le tue risorse, devi credere in te stesso e nella possibilità di farlo. Studi-lavori-credi-ottieni: un bellissimo messaggio. Viva viva il business plan. Però, va detto, ‘sto benedetto business plan va calibrato sulla base dell’area geografica di residenza dell’aspirante imprenditore o lavoratore o professionista. Per esempio, se per uno strano gioco di congiunzioni astrali, di karma incrociati, di decisioni universali, uno si dovesse trovare ad operare in Italia e, sempre per bizzarri allineamenti di Marte/Plutone/Venere, ad avere a che fare con delle Entità misteriose chiamate pubbliche amministrazioni, per esempio in Sardegna, be’, il business plan, andrebbe studiato per benino.

Biz Plan

Nel caso, credo sia giusto  fornirvi qualche utile suggerimento, ok, andiamo con ordine:

Dati dell’imprenditore: specializzato in manicure e massaggi relax per pulci d’acqua.

Descrizione del progetto: realizzare una grande spa nei pressi delle Terme di Acquaferma, dove ospitare milioni di pulci d’acqua, provenienti da tutte le parti del mondo, che intendono rilassarsi con un buon massaggio.

Analisi di mercato: non ci sono concorrenti, le pulci d’acqua abbondano e vogliono rilassarsi.

Strategia di marketing: conoscere un assessore, meglio due, del Comune di Acquaferma, preferibilmente il Sindaco, anzi, puntare principalmente al Sindaco, invitarlo a pranzo, fargli trovare almeno due maialetti arrosto, ma vanno bene anche il capretto o il cinghiale e gli uccellini di frodo, garantirgli la partecipazione a successivi appalti importantissimi, come la vendita dei peli incarniti agli orsi della Tanzania, o la coltivazione di nani da giardino destinati al mercato asiatico, ordinare un buon Nepente.

Previsioni economico-finanziarie: minimo 2 maialetti, 2 capretti, 3 kg di uccellini, 1 bottiglia di Nepente, poi si vedrà.

Fondi di copertura investimenti: fondi da precedenti appalti concordati, o finanziamenti a fondo perduto molto agevolati dal vino rosso.

Stato patrimoniale, conto economico: tanta roba.

Flussi di cassa: e devo anche rispondere?

Io vi ho avvisato, ora non siate pigri, create il vostro business plan.

 

Richard, leggi e impara.

 

Il piacere della salita.

1 Giu

downloadFabio Aru, il giovane ciclista di San Gavino Monreale, è arrivato secondo al Giro d’Italia che si è concluso proprio nei giorni scorsi. Non ha vinto, eppure è un piccolo eroe della vita, di quelli che non conquisteranno mai un regno ma riescono comunque ad essere fonte di ispirazione per tutti e questo, per me, è più importante di qualsiasi trono sulla faccia della terra. Un trono lo puoi ereditare, lo puoi rubare, lo puoi conquistare con l’inganno o con la prepotenza, mentre le tappe vinte in questo Giro, Aru le ha conquistate con la tenacia, con la fatica, con la forza fisica e mentale, con il sacrificio, con l’umiltà, letteralmente con le proprie gambe. Ecco perché abbiamo iniziato ad amarlo, perché siamo stanchi di personaggi inconsistenti che si beano degli altri quando li sorpassano con l’inganno, e perché, in fondo, le mete che preferiamo sono quelle in salita, quelle che raggiungiamo con le nostre forze, senza sconti.

Quattro lesbiche e un deficiente.

16 Mag

pallone-da-calcio,-tempesta,-fulmini,-lerba-157040Ammesso che abbia realmente pronunciato la frase idiota «Basta, non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche», se Felice Belloli non fosse il presidente della Lega Nazionale Dilettanti, potremmo considerarlo un deficiente qualunque e lasciarlo bere tranquillo al suo Bar Sport preferito, unico luogo dove il suo pensiero primitivo non farebbe troppi danni. Invece, il signor Felice ha un ruolo di un certo rilievo, perciò dobbiamo pure metterci il problema di ciò che dice e, sopratutto, delle conseguenze del suo pensiero evoluto quanto quello dell’homo sapiens appena apparso sulla terra. Infatti, la Lega Nazionale Dilettanti si occupa di sport, non di quello discusso al famoso Bar, ma di quello vero, quello giocato sul campo, dirige e organizza campionati e coppe per le squadre maschili, campionati femminili, beach soccer, calcio a 5. In particolare, come chiarito sul loro sito ufficiale alla voce Mission: la “Lega Nazionale Dilettanti costituisce la base della piramide del calcio italiano, annoverando oltre 14 mila società ed oltre 1 milione e 200 mila tesseratiSotto l’egida della LND ogni anno si disputano oltre 700 mila gare, tutte accomunate da un elemento ricorrente: la passione”. Mica il gioco delle pulci, no? Non solo,  “La Lega Nazionale Dilettanti è la famiglia sportiva dilettantistica più grande d’Europa, opera e promuove i valori della lealtà sportiva, del rispetto delle regole e della solidarietà sociale“. Lealtà sportiva, rispetto delle regole, solidarietà sociale. Non è necessario essere particolarmente intelligenti per capire che definire e considerare con disprezzo una categoria di sportivi, uomini o donne che siano, appartenenti alla “famiglia sportiva” che si ha il privilegio di presiedere non rientra nei valori sportivi predicati. Rientra, forse, nella mentalità di chi è spinto da un “elemento ricorrente” diverso dalla passione per lo sport, non ci interessa sapere quale, ma di sicuro non ha chiaro il concetto di sport, e nemmeno quello basilare di rispetto per gli altri, perché in questo caso di quello si tratta, di una banale questione di rispetto, non di femminismo o di “questione femminile” o di “pari opportunità”, ma di rispetto per chi pratica uno sport e ha una passione vera, a prescindere dal sesso o dall’orientamento sessuale, e per questo deve essere messo nelle condizioni di esprimere il proprio talento, le proprie capacità, pienamente e senza dover gestire anche i limiti mentali altrui. La Lega Nazionale Dilettanti è sicura di voler essere ancora rappresentata da un signor Felice qualunque?

Assuefazione.

20 Apr

Dal vocabolario Treccani online: “Assuefazióne s. f. [der. di assuefare]. – L’assuefare e l’assuefarsi: a. a un clima, a un genere di vitto; a. a un farmaco (e farmaco che dà, o non dà,effetti d’a.), fenomeno che si verifica nell’organismo per effetto della somministrazione continua di un farmaco (analgesici, tranquillanti, ecc.), per cui viene a diminuire, o addirittura ad annullarsi, la sua efficacia; analogam., a. all’alcol, progressiva tolleranza dell’organismo nei confronti delle bevande alcoliche; con altra accezione, a. alla droga, agli stupefacenti, stato di schiavitù nei confronti della droga, provocato da una prolungata assunzione, che genera uno stato di bisogno imperioso, con dipendenza psichica e spesso anche fisica”.

Ci si può assuefare anche alla morte, quando è continua, costante, abbondante. Quando dai barconi vengono giù centinaia e centinaia di esseri umani, ogni giorno, come se fossero centinaia di merluzzi sfuggiti al controllo dei pescatori, l’organismo umano inizia ad assuefarsi e la morte dovuta alla disperazione o alla malvagità, non ha più alcun effetto, a parte le dovute, necessarie, parole di circostanza, legate più che altro all’apparenza, a “ciò che in questi casi ci si aspetterebbe” ossia una reazione. Ma che sia una reazione seria.

Se un magistrato è più morto degli altri morti.

13 Apr

In un momento di forte tensione sui magistrati e su tutta la giurisdizione, di fronte a quei morti non possiamo non fare una riflessione sulla solitudine in cui siamo stati lasciati, con gravi falle nella sicurezza (..) troppe tensioni si concentrano sulla giustizia in questa epoca di crisi: bisogna respingere ogni forma di discredito della giurisdizione, tema richiamato ieri dal Capo dello Statoparole del presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Rodolfo Sabelli, nelle ore successive alla terribile sparatoria avvenuta al tribunale di Milano nei giorni scorsi. Allo stesso modo, il nostro Capo dello Stato, Sergio Mattarella, in teoria rappresentante di tutti gli italiani, ha sentito il bisogno di affermare che “i magistrati sono sempre in prima linea e ciò li rende particolarmente esposti: anche per questo va respinta con chiarezza ogni forma di discredito nei loro confronti“. Ora, vogliamo ricordare che in quella che ormai viene chiamata “la strage del tribunale di Milano” sono morte tre persone, e una quarta è rimasta ferita, e si trattava di un giudice, di un avvocato, di due imprenditori? Qualcuno vuole farci capire perché invece la sparatoria è immediatamente diventata la strage dei magistrati? E qualcuno ci vuole spiegare perché della solitudine, della esposizione, della situazione di svantaggio nella quale si trovano gli avvocati e gli imprenditori non si sente il bisogno di parlare? Qualcuno, ancora, ci vuole illuminare sul perché sia considerato normale screditare e avvilire, ogni giorno, con leggi inique e totale assenza di tutele, avvocati e imprenditori? Qualcuno vuole prendersi la briga di guardare oltre il proprio orticello e rendersi conto che soltanto lavorando insieme sarà possibile uscire dalle sabbie mobili nelle quali stiamo sprofondando?

Non in nome mio.

8 Apr

imagesNei giorni scorsi, la Corte Europea dei diritti dell’uomo  ha condannato  l’Italia per i fatti della Diaz, avvenuti durante il G8 del 2001, quando la polizia italiana massacrò i manifestanti inermi all’interno della scuola Diaz di Genova.  Ce li ricordiamo bene quei fatti, no? Ce la ricordiamo la “macelleria messicana”, vero? Come raccontò il vice-questore aggiunto Michelangelo Fournier (udienza del 13 giugno 2007) “Arrivato al primo piano dell’istituto ho trovato in atto delle colluttazioni. Quattro poliziotti, due con cintura bianca e gli altri in borghese stavano infierendo su manifestanti inermi a terra. Sembrava una macelleria messicana. Sono rimasto terrorizzato e basito quando ho visto a terra una ragazza con la testa rotta in una pozza di sangue. Pensavo addirittura che stesse morendo. Fu a quel punto che gridai: ‘basta basta’ e cacciai via i poliziotti che picchiavano. Intorno alla ragazza per terra c’erano dei grumi che sul momento mi sembrarono materia cerebrale. Ho ordinato per radio ai miei uomini di uscire subito dalla scuola e di chiamare le ambulanze“.

Per quei fatti, già nel 2012, la Cassazione con la sentenza  n. 38085 confermò le condanne della Corte d’Appello di Genova, per falso aggravato, nei confronti di alcuni alti funzionari della Polizia di Stato coinvolti nella vicenda (reclusione e pena accessoria dell’ interdizione dai pubblici uffici) riportando nella motivazione lo scempio fatto dagli uomini incaricati di tutelare la sicurezza nazionale. Una delle pagine più buie della nostra democrazia: 93 persone ingiustamente arrestate, e tra queste 87 subirono lesioni due furono dichiarate in pericolo di vita, a causa della furia degli agenti di Polizia, per un comportamento ben descritto dalla stessa Cassazione, come un “puro esercizio di violenza“, caratterizzato da un “massacro ingiustificabile da parte degli operatori di polizia” , e ancora“l’assoluta gravità sta nel fatto che le violenze, generalizzate in tutti gli ambienti della scuola, si sono scatenate contro persone all’evidenza inermi, alcune dormienti, altre già in atteggiamento di sottomissione con le mani alzate e, spesso, con la loro posizione seduta, in manifesta attesa di disposizioni, così da potersi dire che si era trattato di violenza non giustificata e punitiva, vendicativa e diretta all’umiliazione e alla sofferenza fisica e mentale delle vittime“.

Ce le ricordiamo anche le parole di De Gennaro (all’epoca dei fatti capo della Polizia (assolto) e poi Sottosegretario del Governo Monti) che, in seguito alla sentenza, espress“un sentimento di affetto e di umana solidarietà per quei funzionari di cui personalmente conosco il valore professionale e che tanto hanno contribuito ai successi dello Stato democratico nella lotta al terrorismo ed alla criminalità organizzata“, senza nemmeno una parola per le vittime dei soprusi, le quali, di sicuro, non erano né terroristi né appartenenti alla criminalità organizzata.

E oggi, arriva la sentenza della Corte europea nei confronti dell’Italia, perché quei fatti possono essere qualificati come “tortura” e perché la mancata punizione dei colpevoli è dovuta alla mancanza di leggi al riguardo, che agevola la commissione di soprusi da parte delle forze dell’ordine.

Sentenza doverosa, dura, dolorosa, giusta e, allo stesso tempo, ingiusta. Ingiusta per tutti gli italiani onesti, perché gli autori di quello scempio della dignità umana e della democrazia hanno un nome e un cognome, un volto, e hanno scatenato la propria ferocia non in nome degli italiani, non per la sicurezza nazionale, ma in nome dei propri istinti, delle proprie frustrazioni e sarebbe bastato un briciolo di cervello (se non di umanità, probabilmente sentimento troppo evoluto) per evitare l’umiliazione di quelle povere vittime e di tutti gli italiani. Non l’avete fatto in nome mio.