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House of Cats – Gli intrighi della polpetta.

1 Lug

funny-cats-cartoon-with-panel-gatti-buffi-con-pannelloPiù audace di Temptation Island, più torbida di Game of Thrones, più intrigante di House of Cards,  è in arrivo su questo canale, l’imperdibile docu-serie interamente dedicata ai giochi di potere e alle avventure magiche della colonia felina più prolifica al mondo ( o_O ) perfino più dei conigli che allevava mia nonna, ecco a voi:
House of Cats – Gli intrighi della polpetta.

Trama.

Agli albori del ventunesimo secolo, in una calda mattina d’estate, una  bellissima e misteriosa creatura si presenta all’uscio di una dimora di un paese molto lontano, abitata da umani e da una creatura altrettanto misteriosa, bellissima e intelligentissima, volgarmente chiamata cane.

La misteriosa creatura, dal folto pelo nero e dai modi eleganti, si presenta con poche, educatissime parole “buongiorno, stimatissimi signori, io sono un gatto” e inizia a fissare gli umani con i suoi occhi verdi. In realtà, li sta ipnotizzando ma l’unico ad accorgersi di ciò che sta avvenendo è il cane di casa che, senza troppi giri di parole, caccia via l’ospite.

Con la dipartita dell’amatissimo cane, la creatura misteriosa si installa definitivamente presso la dimora umana, condividendo l’area verde con un nuovo cane, di grande carattere ma dal fisico non troppo prestante.

Così, ha inizio la lenta ma inesorabile colonizzazione della terra occupata dagli umani, senza che questi si accorgano di ciò che sta accadendo, come sempre.

Quindi, al primo gatto si aggiunge un altro gatto, poi un altro, e poi un altro ancora, fino a formare una vera e propria colonia, che ha un solo scopo: impossessarsi della Grande Polpetta, prendere il potere, rendere gli uomini schiavi e iniziare da quel luogo la conquista del mondo. Riusciranno nel loro diabolico intento?

Protagonisti.

Dart Liller

Dart Liller – Il vecchio genio del Male. Silenzioso, combattente di lunga esperienza, implacabile con il nemico, conosce gli umani e sa che non bisogna fidarsi di loro, forse è per questo che continua la lotta per il dominio totale.

 

 

 

Puncia

Puncia

Puncia – La coraggiosa custode della dimora. Ha capito il disegno dei colonizzatori e cerca di difendere il territorio, sebbene il fisico non l’aiuti. Incredibilmente, entra in sintonia con Bianca, che la sosterrà nei momenti difficili, e nonostante il divieto imposto dalla colonia.

 

 

Regina della Via -  La Talebana

Regina della Via – La Talebana

Regina della Via – meglio nota come La Talebana, e questo dice tutto. Inafferrabile e spietata, ha oppresso il vecchio cagnolino domestico per mesi, e continua a sfornare colonizzatori come se dovesse conquistare l’intero universo. Qui con il figlio Paco.

 

 

 

Barè

Barè – Il gatto mutante, nato maschio si trasforma in femmina al solo scopo di far nascere milioni di colonizzatori. Nella mutazione qualcosa è andato storto e non fa un “miao” come tutti i gatti ma “miauuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu” senza una fine. Figlia della Talebana.

 

 

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Bianca

Bianca – Meglio conosciuta come La Stratega. Come tutti i gatti neri, è affabile, giocherellona, terribilmente affettuosa con gli umani. Naturalmente, è una strategia della guerra di conquista. Figlia della Talebana.

 

 

Paco e DeLucia

Paco e DeLucia

I Gemelli Paco e DeLucia. Figli della Talebana. Paco è ancora terribilmente timido, DeLucia ha un incredibile istinto materno, e pur essendo di pochi mesi più grande dei suoi nipotini, figli di Barè, li accudisce come se fosse una balia. Sono i misteri dei colonizzatori.

 

 

 

Pinky, Piggy, Drago, 100%Cotone,  DarkSnow

Pinky, Piggy, Drago, 100%Cotone, DarkSnow

Pinky, Piggy, Drago, 100%Cotone, DarkSnow – Figli di Barè, nipoti della Talebana. Studiano l’ABC della colonizzazione, fingendo di dormire diciotto ore al giorno.

 

 

 

 

 

 

Stay tuned staytuned

Pet loss.

27 Mag

15600639-abstract-colorful-paw-prints-Stock-Vector-cat-dog-pawSi chiama “pet loss” e nessuno ne parla, perché in una società fondata sul primato assoluto dell’essere umano su ogni altro essere vivente, parlare della sofferenza o, per essere precisi, del “lutto” per la perdita di un animale d’affezione, è un tabù o, peggio ancora, una cosa ridicola. Fortunatamente, alcune aree del mondo sono più evolute sotto questo profilo e da qualche anno si è iniziato ad affrontare la questione, riconoscendo dignità al dolore legato alla morte di un animale al quale si era legati, e aiutando quindi le persone ad affrontare la situazione, a non sentirsi né folli né idiote. Il dolore e il senso di perdita per la morte di un animale sono paragonati a quello per la perdita di una persona cara, e qui so già che i più delicati storceranno il naso ma pazienza, e si passa per tutte le fasi del lutto, la negazione, la rabbia e il senso di colpa, la tristezza, l’apatia, l’accettazione. La situazione è un po’ più delicata quando l’animale è giovane o quando si decide di praticare l’eutanasia, per ovvie ragioni. Il fatto di essere consapevoli di tutte le fasi del percorso che ci aspetta, non rende la situazione meno dolorosa, lo so per esperienza, e lo sto vivendo in questo momento. So cosa sta accadendo nel mio cervello ma questo non mi preserva dalla tristezza. So che in questi giorni, pochi da quando la malattia della mia cagnolina è peggiorata e ci ha portato a decidere, d’accordo con il veterinario, di praticare l’eutanasia, il mio cervello è diviso a metà, una parte pensa che lei sia ancora qui, pensa di vederla sbucare con il suo passo incerto da un momento all’altro, pensa di sentire il suo respiro affannoso, si aspetta quell’abbaiare familiare che nell’ultimo periodo non c’era più, pensa di doversi svegliare nel cuore della notte per aiutarla, pensa che sarebbe potuta andare diversamente, pensa che forse … se … magari … , pensa che da qualche parte ci sia mentre l’altra parte sa perfettamente che tutto questo non accadrà, non esiste, non ci sarà mai più. E rimane un senso di stordimento, di stupore, di dolore. Lo so, è così, non si scampa. Poi si farà sentire più forte il senso di mancanza, quello che ora percepisco vagamente al risveglio, quando mi aspetto di trovarla lì a guardarmi mentre si chiede “ma si sta alzando o dobbiamo ancora rimanere a cuccia?”,  al rientro a casa, quando mi volto verso il suo cuscino per vedere se dorme, o quando apro un pacchetto di crackers cercando di non fare rumore. So che avrò voglia di tenerla stretta, e penserò sempre all’ultima volta che l’ho fatto, sentendola finalmente trovare pace e riposo. Lo so, sono preparata, eppure non lo sono per niente, non lo si è mai. Forse perché non siamo preparati a salutare la nostra parte migliore che se ne va per sempre.

 

 

C’est la vie.

24 Mag

PunciaSi quelqu’un aime une fleur qui n’existe qu’à un exemplaire dans les millions et les millions d’étoiles, ça suffit pour qu’il soit heureux quand il les regarde. Il se dit: “Ma fleur est là quelque part…”.

Mi mancherai, bellissima creatura abbaiosa.

Cat in motion.

24 Apr

In response to The Daily Post’s weekly photo challenge: “Motion.”

 

cat in motion

I was trying to read the news but something happened .. a well-informed cat took my place 😀

 

 

 

 

 

 

Malintesi bestiali.

14 Apr

20150411_122252Fino a qualche settimana fa, il simpatico felino della foto era noto come “il fratello smorfioso” di una cucciolata di quattro gatti, venuti al mondo nel giardino di casa, quindi tecnicamente venuti al giardino, dove la loro madre, ovviamente senza chiedere il permesso, ha ritenuto di aver trovato una clinica adeguata all’evento, con infermieri/badanti/schiavi al servizio della famigliola. Naturalmente, la clinica è diventata anche ostello/residenza estiva/residenza invernale, con i soliti badanti/schiavi/paggi. Ebbene, il felino smorfioso, che ha otto mesi, a differenza dei fratelli completamente neri (ma i gatti neri sono tutta un’altra storia) non si è mai lasciato avvicinare, è un domestico selvatico, o aresti come si dice dalle mie parti, smorfioso. Il suddetto felino è sempre, sempre, sempre stato considerato maschio, MASCHIO, MASCHIO, anche perché è stato impossibile verificare cosa ci fosse in zona “sottocoda”. Sempre. Fino a quando è apparsa quella pancia. E lui è diventato lei, ribattezzato Barè, in onore della prima donna che ha circumnavigato il mondo, fingendosi uomo. Il felino si limita a circumnavigare il giardino. E mi ha fregato.

 

Piccoli eroi.

2 Apr

_MG_8493Ognuno ha una lista di eroi nel cassetto, con personaggi dai quali trarre ispirazione ed esempio. La mia è piuttosto variegata, contiene esseri umani ed animali, qualche nome famoso e parecchi sconosciuti, tutti accomunati dalla resistenza, dalla tenacia e dal coraggio, nelle avversità così come nella gioia (sì, anche nei momenti di gioia serve coraggio, tenacia e resistenza).  In questi giorni, alla lista si è aggiunto un personaggio: si chiama dendroica striata ed è un piccolo eroe della resistenza. Letteralmente piccolo, visto che pesa circa dodici grammi, piume comprese, e può stare su due dita della mano. Ebbene, questo piccolo essere piumato è in grado di percorrere oltre duemila chilometri, senza soste, nell’arco di 2-3 giorni, per andare dal Nord al Sud America, passando per l’Atlantico, guidato esclusivamente dall’istinto. Dendroica non poteva che entrare di diritto nella lista di eroi, tra quelli più misteriosi ed affascinanti, quelli che vivono guidati dall’intelligenza dell’istinto, e hanno capito qual è il proprio ruolo nel mondo senza farsi troppe domande.

 

Primo amore.

30 Mar

20150329_172044Il primo (vero) amore non si scorda mai. Il mio è lui: Il grande libro della Natura – autrice Bertha Morris Parker, Arnoldo Mondadori editore (decima ristampa marzo 1981) una sorta di manuale di scienze naturali a portata di bambino che, come chiarisce l’introduzione: “non ha la pretesa d’essere esauriente  nei vari argomenti ma solo d’essere una guida facile, chiara, divertente” sulla “formazione della Terra, gli innumerevoli organismi animali e vegetali che la popolarono in ere remote e che vivono ancora ai nostri giorni, argomenti che attraggono l’interesse infantile: il libro è nato dalla necessità di soddisfare la naturale curiosità approfondendo le conoscenze“. In realtà, è una guida utile anche per gli adulti ma per una bambina di sette anni, che ha la testa piena di “perché?”, non è un semplice manuale, è un mondo intero da sfogliare, è una rivoluzione fatta di parole, è una specie di folgorazione. Perché i libri sono così, piccole folgorazioni che, in modo più o meno consapevole, con tempi più o meno lunghi, ci cambiano la vita, la indirizzano verso luoghi prima sconosciuti, la trasformano.  Ecco perché sono convinta che anche i libri abbiano un ruolo fondamentale nel nostro “imprinting” di animali a due zampe, nella nostra formazione, nella nostra crescita come esseri umani. E credo che quelle prime parole lette abbiano lo stesso valore, la stessa forza dei primi rimproveri, delle prime parole gentili, delle cadute, dei giochi. Ci aiutano a diventare quello che siamo e, a volte, ci aiutano a capire cosa vogliamo. A tutte le età.

 

Giraffa e il Bosco incantato delle Sette Cascate (IX Puntata – La giraffa Cercalù)

4 Feb

giraffa7«Cari amici, sono contenta di raccontarvi l’antica leggenda di Cercalù, la mia antenata, la prima giraffa arrivata sulla Terra,  la Grande Giraffa Madre. È una storia tramandata dai padri e dalle madri ai propri figli e ogni giraffa la impara a menadito, per poi raccontarla, a sua volta, ai propri discendenti. Cercalù era una piccola giraffa, con il pelo giallo e le macchie marroni, con le zampe lunghe, il corpo massiccio, la lunga coda, le corna pelose e il collo…corto, o meglio, più corto rispetto a quello che noi tutte abbiamo oggi, diciamo lungo come il collo delle zebre. La piccola Cercalù era nata in una notte di luna piena e, fin da piccola, aveva espresso un unico desiderio: arrivare fino alla luna, soltanto per sfiorarla con il muso.

Naturalmente, tutti la scoraggiavano, la sua famiglia, i suoi amici, addirittura i conoscenti. Le scimmie, chissà perché, erano le più agguerrite, dicevano «è impossibile che una giraffa dia un bacio alla luna, I-M-P-O-S-S-I-B-I-L-E, mettitelo in testa, piccola sciocchina».

Ma anche gli elefanti, considerati i più saggi della savana, le consigliavano di lasciar perdere «Giraffa, caro tesoro, tutti noi siamo troppo piccoli per poter arrivare alla luna, possiamo solo ammirarla da quaggiù. Vai per la tua strada e non pensarci più», così parlò il Vecchio Elefante.

Però, la mia antenata, forse anche per colpa del nome, che un po’ ricordava la luna, non voleva sentire ragioni, anzi, secondo gli abitanti della savana, non sapeva proprio cosa fosse la ragione,«prima o poi, arriverò fin lassù, vedrete!».

Immaginava i modi più difficili per arrivarci: un ponte fatto di rami d’acacia; una torre altissima, realizzata con tutti gli animali della savana, messi uno sopra l’altro; l’allungamento del suo collo, con tanti esercizi quotidiani.

Ogni giorno,  si allenava ad allungare il proprio collo, con disciplina, tenacia, costanza.

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Narra la leggenda che un giorno, mentre Cercalù era intenta a consumare la cena in compagnia del suo amico facocero Metemagno, il quale non aveva mai desiderato né baciare né abbracciare nessuna palla bianca nel cielo, lui le disse, tra un boccone e l’altro, “guarda, secondo me, è più semplice di quanto pensi, devi solo rilassarti, stare tranquilla, non pensarci troppo, ecco”. Quelle parole la colpirono molto.

Da quel momento, Cercalù iniziò a ripetere la frase del suo amico, “è più semplice di quanto pensi”, tutti i giorni e tutte le notti. Quasi non dormiva più, faceva gli esercizi per allungare il collo e ripeteva la sua frase, e in quel modo, si tranquillizzava. Però, il modo per arrivare alla gigantesca guancia lunare, proprio non le veniva in mente. E così, trascorsero le ore, i giorni, gli anni.

Cercalù continuava con i suoi esercizi per allungare il collo, «hop, hop, hop, vedrai, vedrai che ci arriverò» e, lentamente, il suo collo diventava sempre più lungo, fino ad arrivare alla cima dei grandi alberi di acacia, con enorme stupore di tutti gli abitanti della savana. Ma, nonostante il suo collo fosse diventato sempre più lungo, Cercalù non riusciva ad arrivare alla grande luna, era sempre troppo lontana.

giraffa madagascar

Fu così che una notte, la mia antenata, ormai diventata adulta, e quasi rassegnata, volle fare un ultimo tentativo e si rivolse direttamente alla luna, con queste parole: «grande Luna, in una lontana notte d’estate, tu mi hai vista venire al mondo, mi hai guardata con i tuoi grandi occhi dolci, hai vegliato su di me in tutti questi anni, come una madre, ma non hai mai voluto che venissi lassù, da te, ed io rimango sempre troppo piccola per salire da sola e darti solo un bacio, proprio come si fa con le mamme. Grande luna, indicami la strada e la seguirò» e si addormentò.

Secondo la leggenda, quella stessa notte, Cercalù si svegliò, dopo aver sentito uno strano fruscio accanto a sé, e appena aprì gli occhi si rese conto che il cielo era diventato completamente buio, senza nemmeno uno spicchio di luna, mezza luna, tre quarti di luna, niente di niente, era come se la luna se ne fosse andata in vacanza. In quel momento, pensò “ecco, ho sbagliato a parlare alla luna. Avevano ragione tutti gli altri, è meglio lasciar perdere, tanto è solo una palla bianca, anche un po’ strana, addirittura più strana di me” e, delusa, decise di tornare a dormire.

Ma, proprio mentre stava per ricominciare a sognare, vide un’insolita luce spuntare dal manto di foglie accanto a lei.

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Incuriosita, lo smosse un poco con la zampa e, all’improvviso, vide l’enorme palla bianca e luminosa che la guardava divertita e, placidamente adagiata sulla terra, le disse, con i suoi occhi dolci: “vedi, cara Giraffa, io ti ho sempre ascoltata e ho sempre vegliato su di te, che sei la mia figlioccia adorata, ma per realizzare il tuo grande desiderio,dovevi prima crescere, diventare forte, fare il tuo meglio per diventare la bellissima creatura con il collo lungo che ora sei. Dammi un bacio, Giraffa cara, e torna a sognare”. E così fece, Cercalù diede un bacio alla luna e si addormentò.

Da quella notte, tutti gli abitanti della savana compresero la sua forza e il suo coraggio, ne ebbero quasi timore, e la trattarono con grande rispetto.

La nostra antenata diventò, così, per via del suo lungo collo e del coraggio dimostrato, la sentinella e la custode della savana, con l’mpegno di tramandare i suoi doni alla propria discendenza.

Ecco, cari amici, questa è la storia della nostra grande famiglia».

I miei amici, disposti intorno alla grande Quercia, rimasero in silenzio per un po’. Mi

guardarono senza fiatare ed io non capivo se la mia storia li avesse annoiati al punto

da farli dormire con gli occhi aperti o chissà cos’altro. Il primo a rompere il silenzio

fu Nando, «ehi, sore’, ma questa è una storia super bella!!! Finalmente, ho capito perché sei strana! Hai ereditato tutto dalla tua antenata!».

E Inut, «cara Giraffa, direi che la mia curiosità è stata soddisfatta in pieno. La tua antenata è stata molto coraggiosa a credere fino all’ultimo di poter dare un bacio alla luna e, alla fine, è riuscita nel suo intento. Hai una grande eredità da portare avanti: credere sempre in quello che fai».

I lombrichi in coro, «oh, Giraffa, ma è una ftoria belliffima! Anche il Grande Lombrico, il noftro antenato, è ftato molto coraggiofo, un giorno riufì a non farfi mangiare da un merlo!».

Infine la Grande Quercia, «cara Giraffa, grazie per la tua storia. Ora conosciamo un po’ meglio le tue origini, la tua grande e antica famiglia. Come ha detto Inut, hai una grande eredità da tramandare, fanne tesoro, sarà la tua forza».

Come diceva mio padre a noi piccole giraffe «noi apparteniamo al glorioso popolo delle giraffe, forte e coraggioso, non dimenticatelo mai!». Non l’ho mai dimenticato.

Giraffa e il Bosco incantato delle Sette Cascate (VIII Puntata)

6 Dic

giraffaProsegue la favola a puntate … Prendete posto accanto al fuoco scoppiettante, scaldatevi pure con l’infuso di pioggia del monte e assaggiate i biscotti con essenza di fruscio notturno, e dimenticate la realtà per qualche minuto 🙂

***

«Isadora?».
«Sì?».
«Voglio vedere le Cascate».
«Le vedrai, Giraffa, le vedrai».
«Ma le voglio vedere subito, ho un desiderio molto grande da realizzare».
«Lo so, Giraffa, lo so ma dovrai portare pazienza e farai ogni cosa quando sarà il tempo giusto».
«E come si sa quando è il tempo giusto?».
«Si sente in fondo al cuore, lo sanno le tue zampe, il tuo cervello, i tuoi muscoli, e sono pronti per partire».
«Ma io sono pronta per partire! Il mio cuore sente di voler partire, i miei muscoli, le mie zampe e il mio cervello sono proprio pronti, veramente!».
«No, Giraffa, il tuo cuore adesso è in tumulto, i tuoi muscoli fremono, le tue zampe sono stanche e il tuo cervello è pieno di pensieri. Non è ancora il tempo giusto per visitare le altre Cascate. Ne hai appena vista una molto bella e molto importante, e hai incontrato una creatura assai saggia e speciale come la grande Quercia».
«…».
«La vita, nel Bosco, è fatta di corse, di voli, di silenzi, di incontri, di lavoro. Ognuno di quei momenti è importante e bisogna viverlo con il cuore grato e la mente sveglia, poiché sono i milioni di modi in cui la vita ci mostra la sua bellezza e bisogna riconoscerli, sempre. La vita nel Bosco non è fatta solo di grandi desideri, piccola Giraffa, ricordalo sempre, è fatta di piccole, meravigliose, realtà e se le vivrai con gioia, anche i grandi desideri si avvereranno, senza che tu te ne accorga e senza troppo affanno. Stai tranquilla, ogni cosa accadrà, nel tempo giusto. E ora, sbrighiamoci, devi conoscere la tua nuova famiglia» e Isadora volò in alto a giocare con il vento.
«Isadora?».
«Sì?».
«Posso dirti una cosa?».
«Certo».
«Sei più forte di mille leoni della savana».
L’amica aquila mi guardò divertita, «ah sì? E allora, corri, o potei sbranarti in un solo boccone!».

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Tornammo a casa il mattino seguente, dopo esserci fermate a dormire al Rifugio del Viandante e aver ascoltato i racconti dei pipistrelli e degli altri viaggiatori, di ritorno dalle loro visite alle Cascate.

Al nostro arrivo, trovammo ad attenderci Cirisbonzia e Cristobalbo, i miei genitori adottivi, emozionati per quella grande novità dotata di zampe e collo lunghissimi.

Erano due tipetti simpatici e giovali, stavano in giro tutto il giorno, tra le radure o tra i cespugli, lavoravano tanto ma si godevano la vita nel Bosco, ed erano molto protettivi con i loro figli, ossia Tarcisio detto Nando, che era poco più grande di me , e i due piccoli Sirbo e Neddu.

Mi accolsero con amore e badarono a me con grande generosità.

Cirisbonzia si premurava sempre che avessi da mangiare e da bere in abbondanza, «tu sei una che cresce ancora, te lo dico io, arriverai fino alla chioma della grande Quercia!», mentre Cristobalbo mi dava lezioni di vita nel Bosco, con le sue frasi che somigliavano a quelle di mio padre, ma ancora più brevi e, talvolta, misteriose, del genere «eh, qui, la vita…», oppure «eh, nel Bosco non si può mai sapere», o ancora «umpf!».

Anche Nando era un buon cinghiale, e si rivelò un fratello altruista e un amico sincero. Dopo il nostro primo incontro, non proprio pacifico, lui ed io diventammo inseparabili compagni di giochi e di avventure.

«Ehi, Giraffa, da oggi, noi due diventiamo una specie nuova di fratello e sorella, lo sai?».
«Be’, sì».
«Bene, sei strana ma sei anche una tipa sveglia! Senti, allora, d’ora in poi, ti chiamerò sore’, che mi piace molto».
«Va bene, frate’».
Quello fu il nostro primo dialogo da fratello e sorella di una nuova specie.

D’altra parte, pur avendo dimensioni molto, molto, molto diverse, eravamo quasi coetanei e ci piacevano le stesse cose: correre tra cespugli e grandi alberi; sguazzare nelle acque fresche e limpide dei laghetti, insieme ai pesci, ai rospi,  alle raganelle, ai gamberetti; fare scherzi a Cirisbonzia e a Cristobalbo; tirare la coda ai piccoli Sirbo e Neddu; fare visita alla grande Quercia, ascoltare i suoi racconti, farla ridere per farle perdere il filo del discorso; giocare a nascondino con i cervi (Nando vinceva sempre, io mai, eppure mi nascondevo benissimo); organizzare il torneo di salto del lombrico; partecipare alla sagra del vento al contrario; giocare a “prendi il corbezzolo più in alto” (l’avevo inventato io e, chissà perché, vincevo sempre).

Nel Bosco c’erano tante cose da fare, luoghi segreti da scoprire, nuovi amici da conoscere, nuovi frutti da assaggiare. Insomma, non c’era proprio da annoiarsi. I miei momenti preferiti, però, erano quelli trascorsi insieme a tutti gli abitanti, in occasione del pranzo del Bosco , o nelle lunghe sere d’estate e nei pomeriggi invernali.

Il pranzo del Bosco si teneva ogni mese, nella Radura degli Agrifogli oppure, in caso di piogge molto forti, nella Grotta del Temporale, e dava modo ad ognuno di noi di realizzare fantasie culinarie di ogni tipo: alcuni portavano insalate di radici e rugiada; altri, zuppe di mistero con germogli di risate; altri ancora, biscottini ai raggi di sole, ricoperti di sorrisi al velo. Un sacco di cose buone! Come dite? Volete sapere quale prelibatezza preparavo io? Ah, be’, è semplice, il mio piatto forte era, ed è tutt’ora, l’insalata di fantasia con gocce di sole e brezza soffiata, appena verrete a trovarmi ve la farò assaggiare e mi direte! I nostri pranzi non erano come tutti gli altri: non c’erano posti assegnati a tavola, non c’era proprio la tavola, e ognuno era libero di spostarsi da un luogo all’altro, per scambiare quattro chiacchiere con tutti, per scherzare, per cantare, per stare bene, insomma!

I pomeriggi invernali alla Caverna della Neve, e le sere d’estate vicino al Lago della Luna, invece, erano dedicai ai racconti di storie reali o di fantasia. I più bravi a raccontarle erano sempre la Grande Quercia e il Vecchio Cervo dorato, rimanevo affascinata dalle loro parole.

A me piace, soprattutto, ascoltare ma, qualche volta, mi diletto nel racconto, come quella volta in cui, in una sera d’estate, Inut, l’amico cervo, disse «su, Giraffa, perché non ci racconti qualcosa della grande famiglia delle giraffe? Mi incuriosisce sapere come mai avete quel collo così lungo! Ma credo che anche gli altri amici siano curiosi», «fì, fì, noi fiamo curiofi, perché hai quel collo, Giraffa?» dissero in coro i lombrichi, e la grande Quercia «coraggio, Giraffa, raccontaci una storia». E così, decisi di svelare ai miei amici del Bosco, il segreto del lungo collo delle giraffe, la leggenda di Cercalù, la mia antenata. (continua)

Un mondo senza giraffe.

4 Dic

5q8s7VCome sarebbe il mondo senza quelle creature altissime, pacifiche e dalle forme così bizzarre, che in Africa si stanno pian piano estinguendo? Sarebbe sempre lo stesso. Almeno per un po’. Continuerebbe a girare, in minima parte guidato da esseri a due zampe meglio noti come “umani”, illusi di avere il controllo su ogni elemento che lo popola, e convinti scioccamente di poter fare il proprio bene a discapito di tutti gli altri esseri viventi. Fino a quando si accorgeranno che la sorte delle giraffe potrebbe toccare a loro. Ma magari ci sarà un’associazione di lombrichi che si preoccuperà di salvarli.

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Per saperne di più:
Giraffe Conservation Foundation