Ognuno ha la propria personalissima stanza rifugio, che non è semplicemente quella in cui si fanno riflessioni cosmiche o si scrivono poemi e romanzi che nessuno leggerà mai, ma è quella più intima, quella che ci conosce fino all’ultimo capello, quella che sa cosa ci fa arrabbiare, cosa ci fa piangere, cosa ci fa disperare, quella che ci conosce come nessuno al mondo ci conoscerà mai (per fortuna).
Per molti è la camera da letto, per altri la cucina, per altri ancora la soffitta, per alcuni il seminterrato, addirittura il garage, insomma ne ho sentite varie, mi incuriosisce conoscere le stanze rifugio altrui, per ora manca solo la cuccia del cane. Per me, molto poco poeticamente e molto poco romanticamente, quella stanza è il bagno. Esattamente. Il bagno, amico fidato, silenzioso, accogliente. Non discute, non chiede, non dà soluzioni, non parla (e se dovesse iniziare a farlo forse dovrei preoccuparmi … dovrei?) non giudica, non si preoccupa, è discreto e riservato. Sopratutto, una volta chiuso, nessun oserà aprirlo senza prima bussare e chiedere “posso?“. Meglio anche della panic room di Jodie Foster. Nessuno come lui sa in quanti modi posso piangere e arrabbiarmi, e devo ammettere che ho un bel repertorio, da far impressionare Eleonora Duse. Ma lui, una volta chiuso mi preserva dal pubblico potenziale, che quindi non assiste alle esibizioni da melodramma casalingo. Eccolo, un angolo del mio personalissimo muro del pianto. Poi, un po’ di fondotinta, ombretto, matita, cristalli liquidi, eau de parfum, et voilà, pronta per entrare in scena.
Un (ambiente) amico davvero discreto e fidato. Mi auguro, comunque, e ti auguro, che possa assistere a numerose manifestazioni di gioia entusiastica!
🙂
Caro Franz, vede un po’ di tutto, poveretto, ma la gioia è meno discreta 😉